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I ristoranti hanno riaperto

17/06/2021

I ristoranti hanno riaperto
È cambiato tutto, persino il modo di andare al ristorante 

Si è riaperto, finalmente! E lo si fa con una nuova consapevolezza, che andare al ristorante, per le persone, non è più solo un momento per mangiare fuori bensì un bisogno di condivisione. Lo si capisce da molte cose che abbiamo notato, fin da quel 26 aprile dove è stato possibile allentare un poco le maglie dell’emergenza.

1) Pioveva in buona parte dell’Italia e faceva freddo quel 26 aprile. Nonostante questo, nonostante il coprifuoco delle 22, le persone sono uscite di casa. Per fare che cosa? Per raggiungere la trattoria abituale, oppure per sperimentare un nuovo locale, o semplicemente per una buona pizza. L’importante era sentirsi parte di una comunità. Sconfiggere la solitudine che ci ha attanagliato tutti. E il modo migliore non è stato vedersi per strada. Il modo prescelto è stato sedersi, al freddo, in un ristorante!

2) Le domande. Il personale di sala è stato subissato di domande: le più singolari. Da come avevano passato questo lungo periodo a come si sarebbero riorganizzati. Da cosa deriva il termine dehors alle richieste degli ingredienti del piatto e la loro provenienza, tornando sull’argomento al termine della degustazione per parlare del produttore o del luogo.

3) Il menu. Volere un menu comprensibile e piatti comprensibili, forse frutto di un bisogno di conforto che supera ogni altra esigenza. Non è il tempo delle sperimentazioni estreme questo. Alle persone bisogna dare un cibo comprensibile in ogni forma e gusto. Bisogna dar loro la possibilità di godere del pasto, in tutte le sue forme e in tutto il racconto che esso può esprimere.

4) Nei ristoranti dove siamo stati si respirava questo bisogno di raccontarsi, il rumore di fondo era un cicaleccio continuo di persone che parlavano, senza fine. Improvvisamente abbiamo notato che non esistevano più tavoli di coppie che guardavano nel vuoto per tutto il tempo. E ristoratori con il sorriso di chi è tornato a fare uno dei mestieri più faticosi che esistano ma che rappresenta la loro vita!

Ci sono anche i problemi, naturalmente, e il più impellente è la ricerca di personale qualificato. Sui social appare, ogni tre post, un appello alla ricerca di cuochi, camerieri, lavapiatti. Questi 18 mesi hanno lasciato un segno pesantissimo nel settore. Si sono perse più persone di quante ne erano state assunte negli ultimi anni: persi 513.000 nel settore ‘alloggio e ristorazione’ rispetto ai 245.000 creati negli ultimi sei anni, tra il 2013 e il 2019. Un dato allarmante che mette in discussione molte cose: a cominciare dalla qualità stessa di questo che rimane uno dei lavori più faticosi che esistano, in ogni sua componente di sala e di cucina.

Le motivazioni che si stanno adducendo sono molteplici, a cominciare dalla più semplicistica: meglio il reddito di cittadinanza che prendere poco di più per 14 ore di lavoro al giorno. Non è così, o meglio non è solo così. Questo lavoro si basa, quasi interamente, su un concetto che non ha un prezzo: la passione di far star bene le persone. E questa ce l’hai oppure no. 
Mi ha molto colpito un’affermazione di una ristoratrice che mi dice aver perso la sua giovane cameriera perché era troppo impegnativo per lei dare ascolto ai clienti e quindi preferiva andare a svolgere lo stesso mestiere in un posto dove portava semplicemente il piatto in tavola. Esiste il problema e per risolverlo nessuno ha la soluzione magica. Occorrono però due cose fondamentali: una revisione delle modalità contrattuali di lavoro e una formazione finalmente moderna.

 
a cura di

Luigi Franchi

La passione per la ristorazione è avvenuta facendo il fotografo nei primi anni ’90. Lì conobbe ed ebbe la stima di Gino Veronelli, Franco Colombani e Antonio Santini. Quella stima lo ha accompagnato nel percorso per diventare giornalista e direttore di sala&cucina, magazine di accoglienza e ristorazione.
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