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I ristoratori di Valeggio sul Mincio: far sentire nel piatto rispetto e gratitudine

13/09/2018

I ristoratori di Valeggio sul Mincio: far sentire nel piatto rispetto e gratitudine
Sono partiti in ventisei agli inizi degli anni Ottanta, quando in Italia si stava affermando un modello, quello della nouvelle cuisine, destinato a cambiare un concetto di ristorazione. Loro, i ristoratori di Valeggio sul Mincio, in provincia di Verona, stavano invece ragionando su come dar valore alla tradizione del tortellino. Da allora la ristorazione ha attraversato altri cambiamenti e diverse mode, ma l’associazione continua a resistere, macinando successi e numeri.
I ristoratori di Valeggio sul Mincio: far sentire nel piatto rispetto e gratitudine
Nadia Pasquali

Ne parliamo con Nadia Pasquali, vicepresidente del gruppo e direttrice dello storico Ristorante Borsa.
Quando ha inizio l’attività dell’associazione?
“L’Associazione dei Ristoratori del Comune di Valeggio sul Mincio nasce nel 1981, in un periodo in cui i ristoranti che facevano cucina tradizionale erano molti di più. Ora il tessuto dell’ospitalità gastronomica a Valeggio è molto più variegato, con pizzerie, locali con piccola cucina, enoteche, bistrot ecc.. Erano anni in cui si lavorava alacremente, senza l’impatto mediatico che c’è ora; le ore in cucina e di servizio non si contavano ma ci si divertiva a fare questo mestiere, c’era comunanza di intenti, voglia di stare insieme ai colleghi. Non c’era giorno di chiusura in cui non ci si ritrovava, per scoprire nuovi locali o per confrontarsi sul proprio lavoro. Negli stessi giorni di chiusura ci si scambiava i clienti. Un clima, insomma, che ha portato quella generazione di ristoratori a confrontarsi sulle grandi potenzialità turistiche di Valeggio sul Mincio, dando vita all’associazione. La data di fondazione non è casuale, perché coincide con l’apertura al pubblico del Giardino Sigurtà. Si decide quindi di coniugare il bello e il buono di questo territorio: il bello del giardino e il buono che la ristorazione sapeva già offrire”.
L’entusiasmo associativo dura da quasi 40 anni, come ha saputo resistere?
“Grazie alla collaborazione e all’amicizia vera. Quest’ultima la si può comprendere vedendo i soci fondatori ritrovarsi per 35 martedì sera all’anno, per condividere un momento di piacere e reciproco incoraggiamento. La collaborazione, invece, si consolida attorno ad un leitmotiv: nel 1993, in occasione dei 600 anni del Ponte Visconteo di Borghetto, si dà vita alla cena del Nodo d’Amore, giunta quest’anno alla sua 26° edizione. Questa manifestazione, che è arrivata ad accogliere fino a 4.500 persone, è diventata ormai l’emblema del nostro spirito collaborativo e il simbolo del Tortellino di Valeggio, attorno al quale si è sviluppata in questi anni un’importante fetta dell’economia del territorio. Si sono infatti aperte numerose attività, di produzione, di ristorazione ma anche di un modello di accoglienza che mi porta a parlare di sistema Valeggio”.
In cosa consiste questo sistema?
“Per quanto ci riguarda nel dare valore alla collaborazione. Se i fondatori si ritrovano ormai per i momenti ludici, noi attuali associati ci confrontiamo almeno una volta alla settimana. Ed è un confronto umano, prima ancora che professionale, che ci infonde il sostegno per andare avanti. In più, riusciamo tutti insieme a raccontare ai nostri clienti chi siamo, cosa offre Valeggio e il territorio circostante. Abbiamo, come ristoratori, una funzione sociale di cui beneficiano tutti, dall’artigiano della pasta a chi ha deciso di aprire un bed&breakfast o un agriturismo. Per ogni persona c’è un’offerta precisa, a noi spetta il dovere di condividere le informazioni”.
E come si distingue il tortellino di Valeggio dalle tante paste ripiene?
“Innanzitutto tengo a rimarcare come questo tipo di pasta abbia un comune denominatore in tutta la pianura padana: un territorio molto esteso dove il grano e l’allevamento erano e, ancora in buona parte, sono abbondanti. Qui siamo sulle prime propaggini delle colline moreniche, dove le tipologie di allevamento sono suinicole, bovine e avicole di tradizione: quindi il ripieno del nostro tortellino è composto da un blend di queste carni, ma è un ripieno che rispecchia anche il paesaggio nella sua morfologia perché viene brasato con il Bianco di Custoza. E poi la differenza viene anche dalle persone che lo fanno. È un prodotto che può essere fatto esclusivamente a mano e questo significa grande spiegamento di manodopera, in prevalenza femminile”.
I ristoratori di Valeggio sul Mincio: far sentire nel piatto rispetto e gratitudine
Non può però essere solo una ricetta a tenervi così uniti…
“Certo, ma quella ricetta ormai sposta ogni anno decine di migliaia di persone e questo ci ha permesso di diventare un polo turistico alternativo e complementare al lago di Garda e a Verona. A tenerci uniti è il confronto e la comunicazione del territorio! A Valeggio sono attive 75 associazioni, tra sport, volontariato, valorizzazione del territorio; qui c’è davvero un sentimento associativo che porta valore sociale e culturale”.
Le parole per definirvi?
“Il buon senso e la ricettività di qualità e di tradizione. Oggi siamo in sedici ristoratori che si ritrovano nell’aspetto morale ed etico dell’associazionismo che si esplica nel confronto tra le reciproche attività, lo sguardo verso il futuro, la capacità di analisi critica e la necessità di comunicare attraverso eventi comuni, anche fuori dal territorio. Infatti siamo protagonisti di iniziative a Monaco di Baviera, a Innsbruck, nelle diverse parti del Veneto, perché siamo convinti che per far conoscere Valeggio bisogna uscire dal territorio”.
Cosa significa, per voi, fare ristorazione?
“Lasciare libero un sentimento di accoglienza e di buon servizio, unito alla qualità del cibo. Far sedere l’ospite e garantirgli tutto questo; questo è, per noi, fare ristorazione!”
Come riuscite a trasferire tutto questo al personale dei vostri ristoranti, quanto si sentono motivati in questo percorso?
“Innanzitutto portando loro il rispetto che meritano. E quando parlo di rispetto non intendo solo l’aspetto filosofico bensì garantire uno stipendio adeguato, una regolarità di lavoro, la giusta flessibilità per i loro bisogni e l’ascolto: per fare un esempio, quando un dipendente esce a cena in un locale e rileva qualcosa che potrebbe essere interessante anche per noi, o si ascolta. Trattare bene le persone, che è la base del nostro mestiere, vuol dire cominciare da chi lavora per te. Il risultato? Che molti ex-dipendenti, oggi in pensione, si rendono sempre disponibili a collaborare in caso di necessità, e i dipendenti si sentono orgogliosi di lavorare con noi. Il dato più significativo è che il 70% dei dipendenti è con noi da 25/30 anni”.
Oltre agli eventi, quali sono le altre azioni?
“Formazione, ma con i nostri soldi, su tematiche che sono di nostro concreto interesse: sia per i titolari sia per i dipendenti, a tempo indeterminato e a chiamata. Gli argomenti spaziano da quelli formativi obbligatori – haccp, sicurezza sul lavoro, pronto soccorso – sia quelli funzionali alla crescita: marketing, comunicazione, relazioni ecc… Il passo ulteriore che dovremo fare sarà quello di trasformarci in consorzio d’acquisto. Questo ci permetterà di fare acquisti collettivi, come già facciamo per la cena del Nodo d’amore, e fare economie di scala. Non sarà un percorso facile ma credo sia un passo importante”.
La clientela percepisce il vostro agire sociale?
“Partiamo da un dato: la sovrapposizione di clientela pesa per il 20% circa. Tra di noi ci scambiamo clientela, a seconda dei momenti. Vuoi una cena romantica? Ti suggeriamo il locale sul ponte di Borghetto. Vuoi un pranzo gioviale? Ti indirizziamo verso un locale più trendy. La clientela, in generale, percepisce la forte identità che ci connota territorialmente”.
Un’ultima domanda: cosa serve per stare insieme?
“Per durare occorre molto rispetto tra i singoli soci e la comprensione delle proprie caratteristiche e individualità. Noi lo facciamo dal 1981, e questo ci viene riconosciuto da molti: un esempio su tanti viene dai distributori del food service che utilizzano la nostra rete per testare nuove referenze, avere suggerimenti, e noi da loro riceviamo informazioni necessarie per aumentare la qualità dell’offerta gastronomica. In una parola riusciamo nell’obiettivo a cui teniamo di più: far sentire anche nel piatto rispetto e gratitudine”.

Luigi Franchi

Consulta qui i ristoranti www.ristoratorivaleggio.it

Foto di Luciano Furia

 
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