Spiega, racconta, cucina, medita, alza gli occhi per cercare la parola più adatta a definire “quel” concetto. Avere il dono della sintesi non significa buttar giù degli slogan.
Significa essere stati capaci di trasformare un back ma pure under-ground razional-emotivo, cognitivo-esperienziale, egonico-empatico, in consapevolezza.
Pura. Come la materia che lavora. Come l’essenza che arriva, a chi lo ascolta. Lui, Bottura. Perché Ipse dixit.
Al Congresso ancora in corso di Identità Golose 2014 Massimo Bottura è un folletto che non recita a soggetto. Se lo si fermasse per strada, direbbe le stesse cose, muoverebbe le mani nello stesso modo mentre parla.
Ascoltarlo ci lascia sempre qualcosa, questa volta di più. Perché oltre che di cucina – citiamo l’omaggio a Fulvio Pierangelini con le capesante alla pasta di mortadella e finocchietto spruzzate di distillato di mortadella, la cui summa vive nella coesione cuoco-uomo-materia-tecnica “perché il raviolo è il segreto” – il patron della Francescana ha parlato da maitre, da sommelier, da cameriere, da uomo di ristorazione a 360gradi, senza porte o corridoi di mezzo.
Capace di capire che il tutto è più della somma delle parti. E che la parola chiave del successo è il “con”. Massimo: con Beppe (Palmieri, ndr), ma anche con Sara, Virginia, Mineko, Alessandra, Jessica e Laura.
Successo che guarda fuori confine, arrivando là dove Oscar Farinetti ha visto prima di altri. Istanbul. Sede del nuovo Eataly la cui cucina avrà la firma di Massimo Bottura e il talento dello chef Bernardo Paladini, con Michele Castelli e Virginia Caravita.
Progetto lungimirante e prestigioso, sfida di quelle che danno la carica, eppure… “Non riusciamo a trovare il personale, i camerieri” affonda la lama Bottura. E allora il suo appello diventa il nostro, e desideriamo potesse farsi corale: pensate da clienti, quando andate in un ristorante cosa vi fa venire voglia di tornare? Il cibo, certo, la cucina. Ma se in sala non c’è qualcuno in grado di farci vivere e percepire “la differenza”, di regalarci delle ore speciali, e magari è poco attento, sbaglia ordinazioni, è sgarbato, il cibo più buono del mondo non sarà sufficiente a farci ripetere l’esperienza.
E siccome “repetita iuvant” tutti, è il caso di iniziare oltre che a pensare a capire veramente che senza personale, cameriere e cuoco sullo stesso piano, non si lavora e non si sogna.
Alessandra Locatelli