In questa puntata parleremo delle buone maniere a tavola, oggetto di un bellissimo saggio scritto da Margaret Visser, e pubblicato da Slow Food Editore.
La storia delle buone maniere a tavola, i rituali che ne hanno determinato l’affermazione nascono da un preciso elemento: ridurre, fino a reprimerla, la violenza insita nel mangiare. Può apparire strano, assurdo, ma portare il cibo alla bocca è, di per sé, un atto aggressivo; gli stessi strumenti che utilizziamo, coltelli, forchette, vetro dei bicchieri e delle bottiglie, possono rapidamente trasformarsi in armi. Le scene stesse di violenza che si scatenavano, spesso, nelle cucine, il bassissimo ruolo sociale che aveva un cuoco fino a pochi decenni fa, ne sono la testimonianza.
Nel corso dei secoli, si dei secoli perché l’affermazione delle buone maniere è stato ed è un lungo processo, si è affermato un comportamento appropriato da tenere a tavola, un controllo della bocca, mentre mastica ma anche mentre parla a tavola, e in generale anche del resto del corpo: stare seduti correttamente, vestirsi in modo adeguato, lavarsi le mani, non mangiare più con le mani.
Il risultato più straordinario che il rituale delle buone maniere ha ottenuto è aver trasformato un bisogno individuale, quello di mangiare tutti i giorni per non morire, in un mezzo per creare, dice il saggio della Visser, un senso di comunità.
Mangiare è l’atto più facile della catena del cibo, infatti noi umani dobbiamo faticare per procurarci il cibo. Un tempo si doveva cacciare, oggi si va al supermercato o nei negozi di vicinato, un grande passo avanti ma le altre azioni sono rimaste identiche. Anche oggi, la pandemia ne è stata una dimostrazione iniziale e, in molti paesi del mondo è un accadimento quotidiano la lotta per procurarci il cibo, per assicurarcene una riserva costante, conservarlo, prepararlo attraverso la pulizia, il taglio, la cottura, il servizio. Infine mangiarlo. E qui entrano in gioco le buone maniere, i rituali che hanno riempito, negli ultimi due secoli, migliaia di pagine del galateo.
Un fenomeno planetario che ribadisce l’importanza di una parola: condivisione. Infatti tutte le popolazioni, tutte le tribù, anche quelle più lontane da noi come cultura, hanno stabilito regole, gesti, pulizia, rispetto per gli altri nel momento del pasto.
Come se ospitalità generasse, di per sé, altra ospitalità. Come se, è questo è un dato certo, mangiare insieme aiuti a superare i conflitti. Non è un caso il detto che i migliori affari si fanno a tavola. Però sono necessarie regole: saper affrontare una conversazione, anche nei toni; vestirsi adeguatamente all’ambiente, rispettare gli altri seduti allo stesso tavolo sono solo alcune delle azioni che implica un invito a condividere il cibo.
Sembrerebbe impegnativo e lo è, ma questa forma d’intrattenimento generata da una cena o un pranzo è una delle più apprezzate. Essere invitati a cena, lo scriveva già nel 1879 un aristocratico su uno dei tanti libri sul galateo, “implica un livello di stima superiore a quello di qualsiasi altro invito e, ancor più importante, è una forma di cortesia che può essere prontamente ricambiata e questa possibilità la rende preferibile a ogni altra”.
Queste cose sono state scritte due secoli fa ma restano valide anche oggi, se ci pensiamo bene, non foss’altro perché il cibo è la grande necessità cui tutti ci sottomettiamo, farne a meno sappiamo bene cosa significa.
Oggi molti dei rituali in voga anche solo trent’anni fa si stanno modificando, e questo avviene sempre nei momenti di transizione, come quello attuale, dove le vecchie abitudini stanno scomparendo ma le nuove non ci sono ancora. Questo genera disagi, incomprensioni, disaccordi e il periodo che stiamo vivendo ne è la conferma. Questo avviene anche a tavola, al ristorante dove tutto quello che implica un’elaborazione è quasi respinto a favore dell’essenzialità: negli arredi della tavola ad esempio, ma anche nel racconto del piatto, nell’informalità del servizio.
Ma resta e si afferma sempre di più la buona educazione, il dialogo rilassato, un ambiente gradevole, pulito, senza inquinamento acustico, dove appare chiaro, fin dal primo boccone, che ciò che stiamo mangiando ha avuto, alle spalle, in cucina, un pensiero per il nostro benessere. Anche queste sono buone maniere!
Alla prossima puntata di Cibo e accoglienza!