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Il cuoco moderno gioca su appartenenza e territorio, con competenza e visione

29/08/2022

Il cuoco moderno gioca su appartenenza e territorio, con competenza e visione

Un dialogo a cuore aperto, una riflessione profonda e lucida della situazione della ristorazione italiana, catanese in particolare, da parte di uno chef – Pietro Arezzi, Chef Executive del Blu Panorama di Acicatena - che, con pragmatismo dettato dall’esperienza, puntualizza su alcuni aspetti d’attualità che sarebbe bene considerare per programmare meglio le attività future.

Lo chef Pietro ArezziLo chef Pietro Arezzi

Come è cambiato il modo di lavorare dopo la pandemia?

È cambiata la gente, il cliente è molto più esigente, ha paura di avvicinarsi al buffet ma non rinuncia al cibo e all’abbondanza: vuole fare il bis, vuole la doppia portata, sembra che senta la frenesia di godere in pieno dei piaceri del cibo, senza limiti. Per questo, dopo essere rimasti spiazzati al primo approccio, abbiamo modificato il nostro modo di servire proponendo, per esempio, la doppia portata con carne e pesce. Se prima, il cliente sceglieva o la carne o il pesce, oggi li vuole tutti e due, non si fa mancare nulla, perché ha voglia di ricominciare e riguadagnare il tempo perduto. Il nostro core business sono i grandi eventi e i matrimoni in primis; ebbene, anche qui, sebbene sia evidente che la gente ha meno disponibilità economica, non si rinuncia all’opulenza: dove c’erano 200 invitati, oggi ce ne sono 100, però la tavola deve essere un tripudio di abbondanza. Spesso non badano alla qualità, ed è un peccato, ma solo alla quantità. È un fenomeno che nel catanese è evidente, frutto di una cultura ancestrale, di usanze altrove superate. Allora, cerchiamo di accontentarli come meglio è possibile. Quest’estate abbiamo lavorato come non mai con i banchetti di nozze, malgrado le tante difficoltà”.

Macarons salati, un piatto di Pietro ArezziMacarons salati, un piatto di Pietro Arezzi

Quali sono le principali difficoltà che incontrate in questo periodo di ripresa frenetica?

Innanzi tutto la mancanza di personale. Ormai sembra un disco rotto ma è così. La nostra realtà è un’isola felice perché abbiamo alle spalle una struttura solida, ma molti colleghi lamentano una situazione complicata e di difficile soluzione. Il risultato, quasi per tutti, è una spremitura delle ore di lavoro nel corso della giornata, fino a 18 ore. I rincari evidenti delle materie prime e dell’energia, naturalmente, influiscono notevolmente e la disponibilità economica di molti imprenditori è compromessa. Non è questa però, a mio avviso, la causa principale della mancanza di personale.

 

Quali sarebbero le cause della crisi del personale?

La crisi deriva da un coinvolgimento culturale che ha radici profonde e genera ripercussioni molto pesanti sulle attività imprenditoriali e sul mondo del lavoro nella sua interezza. È vero che ci sono difficoltà economiche ma stringendo i denti si possono superare. È altresì vero che bisogna adeguare il proprio metodo di pensiero e di lavoro: se hai una piccola impresa di ristorazione e cerchi un cuoco che costi poco perché la situazione è difficile e vuoi risparmiare, parti col piede sbagliato. Non risparmi affatto, perché il giovane inesperto non sarà in grado, per esempio, di giocare col km 0, non sarà ambientato sui parametri di lavoro, non saprà gestire gli scarti evitando sprechi. Un bravo cuoco è colui che sa gestire gli sprechi valorizzandoli. Un bravo cuoco conosce tecniche all’avanguardia ed è in grado di applicarle aumentando la resa in cucina, è in grado di manipolare le materie prime correttamente. Oggi, per ottimizzare i rincari energetici e trasformarli in vantaggi, è necessario conoscere i principi della cottura a bassa temperatura, occorre saper realizzare un ottimo piatto con le crudité, dare un tocco creativo utilizzando prodotti locali a disposizione, valorizzando la propria appartenenza al territorio. Tutto questo non si improvvisa. Un cuoco esperto esige uno stipendio adeguato ma dobbiamo ricordare sempre che le sue competenze sono frutto di corsi di aggiornamento continui e costosi, di approfondimenti che hanno richiesto tempo e impegno, hanno un valore concreto. Il fattore più importante è che la sua competenza farà risparmiare all’imprenditore in fase di applicazione e, quindi, stiamo parlando di un investimento e non di una perdita. Il giovane cuoco alle prime armi non può pretendere un compenso elevato perché non ha le capacità, e purtroppo molti non hanno la pazienza di costruirle.

Il cuoco moderno gioca su appartenenza e territorio, con competenza e visione

Da cosa deriva questa mancanza di consapevolezza?

La televisione è responsabile di questa mancata presa di coscienza da parte dei giovani perché ha creato illusioni che troppo spesso si scontrano con la realtà. Il mondo della scuola è responsabile in parte, perché all’accresciuto numero di studenti non ha fatto seguito un ricambio e un incremento adeguati del corpo docenti: la formazione fornita non è all’altezza delle aspettative. Quindi, secondo me, occorre una riflessione profonda, sia da parte degli imprenditori sia da parte dei cuochi affinché trovino un equilibrio costruttivo”.

 

 

Millefoglie di pesce spada, un piatto di Pietro ArezziMillefoglie di pesce spada, un piatto di Pietro Arezzi

Hai accennato a un cambiamento di stile in cucina, cosa intendi?

Oggi la cucina è orientata verso uno stile fusion; secondo me, sarebbe invece molto interessante tornare alle basi della cucina mediterranea, basi bellissime incentrate sulla freschezza, sulla genuinità. Con un semplice olio di oliva, con un formaggio possiamo realizzare piatti straordinari. Faccio un esempio, il pomodoro, materia prima ineguagliabile e dalle mille sfaccettature: quest’estate ho realizzato una “Norma gialla”. È la famosa pasta alla Norma alla siciliana ma l’ho adeguata utilizzando il pomodorino giallo, arricchendola di basilico riccio e ricotta salata lavorata a nuvola. È stata un successo incredibile, ne abbiamo servito 50.000 piatti qui a Catania. Il pomodoro giallo, spesso denigrato perché considerato agro, in realtà è dolcissimo e la salsa che si ricava è delicata e gustosa. Inoltre, fatto non trascurabile, dove il pomodoro rosso costava 4,50 euro al chilo, quello giallo costava 1,50 euro al chilo: abbiamo abbassato i costi e fatto novità, anche visivamente. Infine, credo sia importante mantenere il contatto col proprio territorio e l’appartenenza al contesto sociale: sono sempre disponibile a contribuire a eventi benefici e mi metto in gioco volentieri, a titolo gratuito. È stata una buona estate, e non è ancora finita.

a cura di

Marina Caccialanza

Milanese, un passato come traduttrice, un presente come giornalista esperta di food&beverage e autrice di libri di gastronomia.
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