Dal raccolto al racconto, il viaggio che il vino percorre incontra anime e aree di business diverse: agricoltura, produzione, tecnologia, comunicazione, retail...
Il Gruppo 24 ORE, con le sue riviste Bargiornale, Gdoweek, Mark Up, Ristoranti Imprese del Gusto e VigneVini, ha per la prima volta realizzato uno studio che si propone non solo di analizzare l’intera filiera ma, attraverso il confronto integrato e il dialogo tra tutti gli attori che hanno operativamente a che fare con una della eccellenze italiane più conosciute al mondo, di provare a individuare i principali trend destinati a caratterizzare le dinamiche del vino nel prossimo futuro.
Federico Capeci, AD di
Duepuntozero Research – Gruppo Doxa e l’esperta in tendenze alimentari e sociali
Marilena Colussi, hanno tradotto in dieci parole chiave quelle che, attraverso le ricerche condotte su ampi campioni di consumatori, acquirenti di vino, professionisti del settore horeca e produttori, sono emerse quali chiavi di svolta per le sfide che il vissuto del vino italiano potrebbe incontrare nell’immediato futuro:
ESTERO, COMUNICAZIONE, QUALITA-PREZZO, MARCA, TERRITORIO, INNOVAZIONE, PROVENIENZA, SOSTENIBILITA’, ESPERIENZALITA’, MARKETING.
Macroaree, spunti e ispirazioni a cui le categorie intervistate si relazionano in maniera diversa: il 28% dei consumatori beve vino perché si adatta ad ogni situazione, dall’aperitivo alla cena, il 20% perché fa stare bene, soprattutto se consumato in compagnia, il 22% degli intervistati dichiara di berlo perché ha la capacità di cambiare i sapori della buona tavola, centrando la componente rituale, mentre per il 15% “esalta i sensi”: emergono brand-icone come il Chianti e il Brunello, ma anche il Tavernello, una delle prime e, ancora oggi, poche marche “popolari” in grado di sostenere campagne pubblicitarie televisive rivolte ad ampie fasce di popolazione. “Si vede poco il consumatore però” commenta Capeci “come se avesse imparato a parlare come gli è stato insegnato. Emerge il vino come prodotto culturale, frutto della storia e della tradizione, ma non la parte tecnologica e il lavoro produttivo, di cui si conosce poco.”
Diverso il punto di vista del professionista dell’horeca: fuori casa si beve meno ma, forse, meglio. Per il 32% degli intervistati rispetto ad un anno fa i consumi sono calati abbastanza, per il 22% molto; ma c’è un 10%, circoscritto agli operatori del settore del sud Italia, che ha registrato un aumento nel consumo di vino al ristorante e nei bar. Inoltre per il 33% le leggi sui controlli stradali hanno inciso su questo calo, a favore però di una scelta più qualitativa, e addirittura il 9% percepisce che chi non deve guidare beve più di prima.
Ma dove si beve vino? L’88% dei consumatori negli ultimi sei mesi lo ha ordinato al ristorante, il 60% in trattoria, il 50% in pizzeria e il 30% al bar: ma c’è un 7% che ha affermato di averlo bevuto in ufficio o comunque sul luogo di lavoro, confermando un fenomeno in crescita, quello che descrive la tendenza a passare la pausa pranzo senza lasciare il posto di lavoro, preferendo la scrivania alla mensa o alla tavola calda e concedendosi un bicchiere di vino portato da casa. Il vino bianco fermo secco è la scelta preferita dal 43% degli italiani, seguito dal prosecco con il 38%, il rosso corposo al 34% e le bollicine al 31%.
E i produttori che ne pensano? Parlando di cambiamenti sul piano normativo e disciplinare, oltre il 50% ritiene che l’introduzione dei vini varietali (vitigno slegato dalla zona d’origine) porterà svantaggi alle aziende vinicole, mentre il 46% pensa che l’assimilazione DOC-DOCG-IGT al sistema DOP-IGP penalizzerà i territori vocati di certi vini e creerà confusione nel consumatore. Solo il 20% dei produttori interpellati vede nella pratica della dealcolizzazione (riduzione chimica della quota alcolica elevata per effetto del surriscaldamento ambientale) un’opportunità di mercato, mentre la maggioranza resta negativa o dubbiosa. Rispetto la distribuzione, il 58% dei produttori crede che i costi di filiera svantaggino chi produce rispetto a chi vende e per un buon 56% i ristoranti applicano ricarichi troppo alti a danno dei consumi.
La questione private label, invece, è percepita non in termini di conflitto ma nell’ottica della condivisione di obiettivi: solo il 18% ha infatti dichiarato che lo sviluppo delle private label mineranno la sopravvivenza di piccoli e medi produttori. La stessa tendenza all’apertura si registra anche nella valutazione, da parte dei professionisti, dell’utilizzo del tappo a vite al posto del classico di sughero: un significativo 32% non si dichiara del tutto sfavorevole e un 10% addirittura lo approva.
Interessanti anche le differenze tra consumatori e operatori nello stilare la lista dei fattori che fino ad oggi hanno decretato il successo del vino italiano e quella del successo futuro: alta qualità, valore del marchio, provenienza e territorialità e rapporto qualità-prezzo, nell’ordine, sono gli elementi che il consumatore ha individuato come rilevanti, mentre per il futuro, se la qualità resta una prerogativa costante, l’attenzione al prezzo sale al secondo posto con il 33%, seguita dal marchio, e dall’export, per il 21% necessario a sviluppare il successo del mercato vinicolo, insieme alla comunicazione (10%), al miglioramento delle tecniche in vigna (10%) e alla sostenibilità ambientale e sociale (12% e 9%).
Diversa la percezione del professionista, che per il futuro vede il rapporto qualità-prezzo in vetta con il 51%, seguito dalla qualità, dalla provenienza, dalla salubrità e dalla bevibilità, con un interesse alla sostenibilità pari solo al 6%. Se da una parte l’horeca chiede in futuro la conferma del binomio qualità/prezzo, dall’altra il produttore è consapevole che dovrà fare di più in aree specifiche quali marketing, export e comunicazione 2.0.
Ma è un futuro, quello del mercato vinicolo interno ed estero, tutto sommato positivo: prevalgono la curiosità il desiderio di cogliere le opportunità che questo settore ancora può e deve offrire. La filiera è pronta: staremo a vedere come sarà in grado di rispondere.
La versione completa del Rapporto è consultabile all’indirizzo:
http://www.mark-up.it/flipit/0,1254,41_FLP_1033,00.html
Alessandra Locatelli