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Il mercato cinese tra opportunità e regole

16/07/2012

Il mercato cinese tra opportunità e regole
L’export del settore wine&food “made in Italy” verso la Cina è cresciuto nell’ultimo anno del 36%, con un fatturato complessivo di oltre 248 milioni di euro. Oggi le aziende italiane presenti in Cina sono 900 ed il volume d’ affari tra Italia e Cina nel 2011 si è attestato a di circa 51 miliardi di dollari. Delle 900 aziende presenti sul mercato, diverse sono del comparto alimentare.
Oggi le aziende italiane presenti in Cina sono 900 ed il volume d’ affari tra Italia e Cina nel 2011 si è attestato a di circa 51 miliardi di dollari. Delle 900 aziende presenti sul mercato, diverse sono del comparto alimentare. “L’export globale dell’alimentare made in Italy vale 33 miliardi di euro e circa 3 miliardi sono fatturati overseas. Di questi, circa un terzo è realizzato in Cina” ha ricordato Antonio Cellie, CEO di Fiere di Parma nell’aprire i lavori di China Business Incubator, meeting ospitato proprio presso il quartiere fieristico della città emiliana..

Un appuntamento, lanciato per conto del Consorzio Italia del Gusto da GEA, società di consulenza strategica indipendente, che si è concluso con grande successo di pubblico.
Focus della due giorni di lavoro - che si è svolta presso la Sala dei 300 delle Fiere di Parma, co-organizzatore della manifestazione - il mercato cinese e i rapporti commerciali col settore alimentare italiano. Le aziende di Italia del Gusto, Consorzio che comprende le più importanti realtà italiane del settore wine&food, hanno incontrato infatti i principali importatori e distributori dell’area di Shanghai che hanno illustrato le opportunità e le chiavi di accesso al loro mercato, sia in termini di tipologie che di presentazione dei prodotti.
Per supportare i contatti di business delle aziende, alla manifestazione hanno preso parte attiva Intesa Sanpaolo, il Ministero della Salute, l’ICE Centrale e l’Ufficio di Shanghai, Simest, Sace, e la Fondazione Italia China.

“Le aziende italiane hanno bisogno di molta informazione e formazione per capire il mercato cinese: quello dell’alimentare è un settore complesso, con una cultura diversa dalla nostra e tradizioni alimentari antiche. Al momento in Cina c’è una presenza diffusa del food&wine italiano, ma è ancora poco estesa per poter essere rilevante”, hanno ricordato in apertura dei lavori Mario Preve e Alberto Volpe, rispettivamente membro del board e direttore di Italia del Gusto.
In particolare, il mercato delle bollicine sembra essere molto attrattivo per i buyers del Paese del Dragone, se consideriamo che lo scorso anno le vendite hanno registrato un incremento del 236%. Naturalmente ai prodotti italiani vanno applicate etichette esplicative in lingua cinese, ma facendo attenzione a non coprire troppo l’etichetta originale. “Per i cinesi di fascia alta, vino italiano significa lusso, tradizione, storia e l’etichetta racconta l’impegno antico delle famiglie italiane produttrici di vino”, ha detto Manuel Arce di CWS, società specializzata da anni nella commercializzazione di vino e liquori in Cina.

E proprio sulla presentazione dei prodotti ha insistito Hiufan Tsang, rappresentante di Sinodis, società cinese specializzata nell’import e nella distribuzione alimentare che ha evidenziato come “servono etichette in cinese, un packaging più in sintonia con la cultura orientale, meglio ancora se realizzato ex novo proprio per questo mercato”. Tsang ha poi sottolineato come nell’export verso la Cina sia importante la ‘Shelf Life’ dei prodotti, ovvero l’arco temporale della durata del prodotto stesso. Fresco a parte, molte referenze viaggiano ancora via mare per cui per esempio un prodotto congelato con ‘shelf life’ di sei mesi, ha un tempo reale di vendita sugli scaffali di circa tre settimane.“Ricordatevi – ha aggiunto Tsang – che finire sugli scaffali dei negozi cinesi non basta, bisogna frequentare il mercato per capire cosa funziona e cosa no, è indispensabile avere persone sul posto che verificano quello che succede. Da lontano non si può fare nulla”.
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