Le classificazioni del riso in Italia
Varietà come il Carnaroli, la più famosa, non esistevano neppure fino al 1945. Furono le attività di selezione in campo e di incroci che diedero origine alle numerose varietà che oggi conosciamo. Il tutto avvenne in concomitanza dell’istituzione dell’Ente Nazionale Risi e del suo Centro di Ricerche sul Riso, che oggi dispone della banca di semi più fornita del mondo con circa 1300 specie catalogate, costituito nel 1931 con il compito di tutelare e promuovere la conoscenza del riso. A quel tempo le varietà più note erano figlie del Chinese Originario che monopolizzava, un secolo fa, il 60% della superficie risicola italiana: i loro nomi erano Maratelli, Originario e Balilla.
Oggi la classificazione del riso è, dal punto di vista legislativo, suddivisa in due: la prima, quella che si legge sulle confezioni, suddivide i chicchi in base alle caratteristiche: risi comuni (tondi e piccoli adatti per le minestre); risi semifini (tondi di media lunghezza usati per contorni e insalate); risi fini (lunghi e affusolati adatti per risotti e contorni); risi superfini (grossi e lunghi, i risi da risotto per eccellenza). Poi esiste una seconda classificazione, dovuta alle esigenze di commercio internazionale e condivisa tra tutti gli stati membri della Comunità Europea, definita con il regolamento UE n. 1308/2013, che divide le varietà in base al rapporto tra larghezza e lunghezza del chicco. Le categorie diventano: Tondo, Medio, Lungo A e Lungo B.
E le varietà? Oggi ne conosciamo poche, quelle più famose: Carnaroli, Arborio, Roma, Baldo, Vialone, Sant’Andrea. Ma non esistono solo queste. Per esigenze di natura esclusivamente commerciale una legge, la numero 253 del 18 marzo 1958, ha istituito delle griglie. Cosa significa? Che sotto il termine Carnaroli si possono trovare risi, come il Carnise, il Poseidone e il Karnak, quest’ultimo ha la stessa quantità produttiva del Carnaroli, pertanto è probabile che su due scatole di Carnaroli una sia di Karnak. Stesse caratteristiche, più o meno, ma risi diversi. Solo il Nano Vialone e il Sant’Andrea hanno sempre il medesimo riso nelle confezioni. Così come in una confezione di Originario si possono trovare varietà come: Agata, Ambra, Arpa, Balilla, Brio, Castore, Centauro, Eridano, Lagostino, Marte, Perla, Selenio, Virgo, etc.
Quindi la cosiddetta biodiversità esiste, basti pensare che nel 2007 erano 143 le varietà registrate in Italia pari a circa il 60% di tutta la comunità europea, ma ridotta a una non conoscenza per motivi meramente commerciali.
Gli stessi che hanno determinato, in questi anni, il successo del riso nero Venere. Un riso nato nel 1997 da un’azienda sementeria vercellese che ne detiene il marchio, il disciplinare e la commercializzazione che, nel 2007, ha avuto il suo primo grande successo. Oggi il riso Venere è nei ristoranti di mezza Italia, ma non ha particolari caratteristiche che lo rendono migliore di altri risi. È il frutto di un’abile operazione di marketing, un marchio registrato e nulla più.