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Il ruolo del cuoco secondo Gualtiero Marchesi

30/01/2012

Il ruolo del cuoco secondo Gualtiero Marchesi
L’occasione è stata l’inaugurazione, venerdì scorso, dell’ Olio Officina Food Festival che si è svolto questo fine settimana a Milano. Il contesto, una conversazione filosofica sul cibo tra Luigi Caricato, ideatore e direttore dell’evento, Nicola Dal Falco, scrittore e giornalista, e un Gualtiero Marchesi più in forma che mai. Spunto di riflessione l’olio, il prezioso e versatile ingrediente della cucina italiana celebrato con l’intenzione di conferire valore a ciò che talvolta, sbagliando, viene considerato marginale.
“La cucina è un mondo intellettuale” ricorda infatti Luigi Caricato, e il nutrimento ha di per sé valenze simboliche: creare nuovi linguaggi gastronomici espressivi alimenta la tradizione, il senso e le identità, al plurale, della cultura di un popolo. E lo stesso vale se, per usare un gioco di parole, ci ricordiamo di non dimenticare quello che sappiamo già: la forma è materia e la materia è forma. “Questa formula neoplatonica ci dice che la cucina è verità e ci esprime l’etica di comportamento del cuoco” spiega Gualtiero Marchesi.
Cuoco e, per cortesia, non chef, che è una parola priva di significato. “Identifica tutti quegli esecutori che si credono compositori, che preparano un piatto per stupire, rivelando la propria insicurezza. Così facendo tradiscono la materia. La materia è musica… il cuoco deve ambire a comporre un piatto che suoni.”
Il ruolo del cuoco secondo Gualtiero Marchesi
Se una materia prima è di qualità, se una pietanza è buona e fatta bene, non ha bisogno di altro: non deve essere truccata o coperta, ma lasciata com’è per vedere come rimane. “Una ricetta leggibile è come uno spartito: come nel Bolero di Ravel si ripete un tema in un crescendo di fluire, così in un piatto buono non occorre snaturare la materia, ma la conoscenza e l’esperienza consentono alla percezione e all’immaginazione di scorgere quello che non c’è, che non è scritto nelle note e negli ingredienti. La musica e la cucina non sono solo suoni o elenchi: sono fatte di tempo e memoria.”
Il musicista e il cuoco capaci suscitano in chi riceve un movimento interno, in perfetto equilibrio tra visibile ed invisibile. Perché le emozioni, e i sapori, sono dentro: “Per questo dobbiamo imparare a masticare. Masticando sentiremo la fisiologia fondersi con la filosofia e riconosceremo, secondo il nostro gusto e il nostro palato, la verità.” Come Michelangelo affermava di levare dal marmo il materiale superfluo nel quale si nascondeva già l’opera d’arte, così il cuoco sapiente sa che complesso non è necessariamente sinonimo di profondo o di vero. “Un piatto può essere anche diversamente buono. Mia madre ripeteva sempre che il condimento serve per la pasta e non per il piatto: è un compagno con cui giocare, e strumento di cultura e di rispetto del microclima che in Italia è un valore da sostenere.”
I cuochi allora che ruolo hanno? “Potrebbero iniziare dal capire la differenza tra stracotto e cotto bene, e dedicarsi alla materia prima. Un piatto buono lo si legge prima anche con gli occhi: la cucina è scienza, sta al cuoco farla divenire arte.”
E il commensale? “Impari a mangiare usando le mani, la testa e il cuore.” Come il musicista.

Alessandra Locatelli
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