Francesco Cerea
“L’affermazione è di mia sorella Rossella che, mi piace precisarlo, è l’artefice di un servizio di sala che, pur essendo stato un po’ bistrattato negli ultimi anni, per noi resta un tassello fondamentale nel successo dei nostri locali e dei nostri eventi - spiega Francesco - Quindi, se mi permetti, vorrei davvero ringraziare dalle pagine della tua rivista, Rossella che ha la capacità di coniugare alla perfezione il rapporto tra sala e cucina nel nostro ristorante di famiglia dove le tre stelle significano, almeno per noi, un grande tributo al lavoro di tutti, in prima fila e dietro le quinte”.
C’è un bellissimo rapporto tra Francesco, Rossella, Barbara, Chicco e Bobo, il quintetto che governa un sistema, quello dei Cerea appunto, che significa: un ristorante, tre stelle Michelin, e relais a Brusaporto (BG); un ristorante Da Vittorio a St. Moritz, un ristorante con luonge bar al settimo piano dell’Hotel Gallia a Milano, lo storico caffè- pasticceria Cavour 1880 a Bergamo Alta, la società di ristorazione esterna Cantalupa e una media dai sette ai quindici eventi alla settimana e dai due ai duemila clienti serviti per ogni singolo evento.
Va da sé che affrontare i temi del servizio di sala con Francesco Cerea, anima gestionale del gruppo e consigliere dell’associazione Le Soste, diventa un viaggio attraverso una visione che non è mai banale e riduttiva.
Che cosa significa, per il sistema Cerea, il servizio di sala?
“Per noi il concetto di servizio, soprattutto nel ristorante relais di famiglia, significa stare a contatto con l’ospite, non solo durante il pranzo o la cena, ma essere sempre a sua disposizione, in ogni momento della giornata, dal suo arrivo fino al momento della partenza. E credetemi, quando un ospite entra in una casa come quella dei Cerea, la differenza è data proprio da quello che proponiamo, facendolo sentire a casa sua. In ogni ristorante di famiglia che si rispetti, dove il merito è di una grande cucina e di una grande ospitalità, conta molto anche essere predisposti all’innovazione e alle nuove modalità di rapporto con l’ospite, sempre più orientate verso quella che definisco cultura del dire grazie”.
Spiegati meglio…
“Da grande sostenitore sono convinto che l’obiettivo di ognuno di noi tende a diventare il sarto prediletto del proprio ospite. Questo è un lavoro di rinunce, sacrifici, ma che ti garantisce tante di quelle soddisfazioni che ripagano di tutto se sei capace di essere un bravo sarto dell’ospitalità”.
Come avviene la scelta del personale per le vostre strutture?
“Oggi la cosa più importante è essere noi in grado di capire a quale ruolo è più vocato chi decide di lavorare con noi. Ho un sommelier bravissimo che era partito per lavorare in cucina ed ora è il nostro primo di sala. Del resto non rinnego mai che la sala ha insito un aspetto importantissimo per l’economia di un ristorante: quello del vino. E avere un bravo sommelier, competente e non invasivo, che sa proporre e vendere il vino l’azienda può solo beneficiarne e crederci sempre di più, investendo in qualità e risorse umane perché lo stimolo vero, ad ogni fine giornata, è vedere il risultato tangibile del tuo lavoro”.