Il tempo, da amico a nemico del cibo
Mi spiego meglio. Viviamo in una condizione sociale ed economica che ci impone un ritmo travolgente: per poter stare al passo, per non essere da meno rispetto agli altri, il tempo lo dobbiamo ingurgitare, scavallare, a volte addirittura anticipare. Alla faccia che la pandemia ci aveva segnato profondamente.
Mi chiederete cosa c’entra il cibo con questa riflessione. C’entra, c’entra eccome. Perché il tempo, quando si parla di cibo, è sempre più considerato uno scoglio: è un limite da abbattere per essere più produttivi, è un fattore da accorciare per non perdere tempo (per esempio a tavola, o nel cucinare), è un aspetto valutato con rigore dalle industrie alimentari perché anche il centesimo di secondo è prezioso.
Invece il tempo giusto, necessario per fare bene le cose, sin dall’antichità, è stato un fattore essenziale nella gastronomia.
È l’ingrediente che non si vede ma unisce, amalgama, rende buono, commestibile, digeribile. Il tempo è la variabile che trasforma, allunga, intensifica, dilata. E non è così solo per il cibo, vale anche per l’accoglienza: il tempo agisce sui sapori ma anche sulle sensazioni, le determina, le rende importanti. Ma arriveremo anche a parlare di questo, di accoglienza.
Se è vero che il cibo è lo specchio della società in cui viviamo quello del ventunesimo secolo è un cibo che tende all’ottimizzazione. È un cibo corto, rapido, confacente alla nostra corsa quotidiana. Una corsa molto dispendiosa, in cui spesso finiamo per starcene sulla superficie, per smarrire i valori che contano, per annacquare i momenti, i gesti, i sapori che, invece, andrebbero distillati e poi impressi nel tempo nel modo più semplice e personale che ci sia: la memoria.
Sì, anche la tecnologia ha fatto i suoi danni, a proposito di memoria e ricordi che perdurano. Lo scatto a un piatto prima di assaggiarlo o a una preparazione prima di sapere se effettivamente è venuta buona ne sono l’esempio: abbiamo bisogno di fissare con una foto nella galleria quello che il nostro cervello fa sempre più fatica ad immagazzinare autonomamente, a conservare.