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Il tempo e il cibo - Seconda Parte

13/12/2022

Il tempo e il cibo - Seconda Parte

Leggi la Prima Parte!


Il tempo della tavola

Parto da una buona e da una cattiva notizia. Gli italiani sono sul piano globale uno dei Paesi che dedica più tempo alla tavola (due ore e cinque minuti al giorno, gli americani circa un’ora). La cattiva notizia è che si tratta di un dato del 2015 riportato su Cibo, il libro di Jacques Attali e chissà, a parità di indagine, cosa emergerebbe oggi. È comunque molto, molto poco, se consideriamo il ruolo sociale, conviviale, culturale che la tavola si è conquistata nei secoli.

In sostanza trascorriamo di gran lunga più tempo sui social (la soglia delle due ore al giorno è per la maggioranza raggiunta e oltrepassata, non dite di no!) che non seduti a goderci del buon cibo e una sana conversazione.

L’altra considerazione è qualitativa, strettamente legata proprio ai social e alla tecnologia: come trascorriamo il tempo a tavola? Basta alzare lo sguardo in un qualsiasi locale in centro urbano, e ormai non solo, per accorgersi che il momento (che dovrebbe essere) dedicato al cibo è costantemente interrotto da sguardi allo smartphone, allo smartwatch, personali o a quelli degli altri. Un automatismo che non appartiene solo ai giovani, anzi, e non è solo per urgenze lavorative, come tanti controbattono.

Questo si vede nell’ordinario… il paradosso arriva quando lo strumento tecnologico è quello che consente, come dicevamo prima, di fissare compulsivamente nel tempo il ricordo di un piatto e di un momento, sminuendo il valore del presente. 

Anche qui il ristoratore può dare il suo contributo per governare il fenomeno.

Chiedetevi: è giusto che la cucina si impegni per curare i dettagli del piatto, e la sala quelli dell’accoglienza, e poi gli ospiti siano inattenti, concentrati su dimensioni e apprezzamenti virtuali, e non sulle vostre parole, sulle vostre attenzioni, sulle sfumature e i significati di una pietanza o di una bottiglia? O, ancora, non accertandosi neppure del nome della persona che li serve al tavolo? Il ristoratore sì, può fare molto; non dando per primo il cattivo esempio (vale anche per i comunicatori del cibo), quindi riducendo l’eccesso di condivisione. L’attesa ha un ruolo ben definito nella logica del tempo, se viene sopraffatta da un eccesso di immagini e informazioni non c’è più tempo per la sorpresa, per il piacere finale.

Le aspettative vanno dosate con il contagocce per tutelare il tempo a tavola!

Dessert Condiviso, Ca De BeDessert Condiviso, Ca De Be'

Il tempo antagonista della modernità

A novembre mi sono imbattuta in un ristorante chiamato Moderno. Poi ho appreso dal proprietario, con stupore, che si tratta di un’insegna con oltre sessant’anni di storia. Che lungimiranza! Verrebbe da dire…

No, è che il concetto di modernità è relativo: appartiene al tempo esatto in cui si vive. La parola moderno definisce una prospettiva contemporanea che svanisce man mano che la lancetta dell’orologio fa il giro. 

A qualcuno sarà a questo punto suonato il campanello d’allarme: per definirsi moderni e contemporanei non basta essere allineati alle tecniche e tendenze odierne, bisogna essere in grado di stare al passo con tutti i cambiamenti che verranno… o conviene cambiare nome.

 

Il tempo per molti non è antagonista della modernità solo perché, avanzando, ne costituisce una nuova. Lo è anche perché ciò che viene lasciato indietro - per esempio la tradizione - sembra remare proprio contro il progresso, la modernità. Non è propriamente così

 

Il tempo e il cibo - Seconda Parte

Riporto a tal proposito una storia che mi ha davvero stupita. Ho conosciuto un giovane cuoco e ristoratore che, dopo aver girato in lungo e in largo svariate cucine di ristoranti gastronomici è rientrato nell’attività di famiglia e, pur con tutte le risorse e le motivazioni per farlo, ha deciso di non intervenire sul luogo, né sul servizio né sulla cucina del ristorante. Ha ricucito il libro delle ricette di famiglia per continuare a replicarle, con qualche miglioria, ma senza snaturare nulla. Lo stesso per le tinte della sala, i quadri, gli oggetti.

“Non me la sento di togliere al tempo futuro questo luogo del tempo passato in cui le persone vengono, stanno sempre bene, si godono il momento”.

Il suo ristorante era pieno. Qui volevo arrivare. Questo è il tempo che basta. Un tempo di significato, scelto e goduto da tutte quelle persone che, vi assicuro, erano in sala a godersi piatti semplici e buoni senza distrazioni, parlando con chi avevano davanti senza bisogno di dimostrare qualcosa. Godendosi il tempo e il cibo. 

a cura di

Giulia Zampieri

Giornalista, di origini padovane ma di radici mai definite, fa parte del team di sala&cucina sin dalle prime battute. Ama scrivere di territori e persone, oltre che di cucina e vini. Si dedica alle discipline digitali, al viaggio e collabora con alcune guide di settore.
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