And the winner is… Lucia Antonelli!!!!
Quando ieri sera, appena dopo la mezzanotte, un’emozionata
Licia Granello ha rotto l’attesa e ha svelato il nome del vincitore – anzi, della vincitrice – della
Disfida del Tortellino, è partita un’autentica ovazione. Tutto Palazzo Re Enzo, nella cui sala principale si è svolta la gara all’ultima cucchiaiata tra Bologna e Modena, si è stretto attorno a Lei, la solare e bravissima chef de
La Taverna del Cacciatore di Castiglione dei Pepoli.
Dunque, è ufficiale: il tortellino è di Bologna. A decretarlo la
giuria popolare, gli oltre 200 partecipanti alla serata, e la
giuria tecnica, guidata da Max Bergami che ha fatto le veci di Massimo Bottura, assente per un grave lutto familiare e a cui va tutta la nostra vicinanza. Accanto a Bergami, a degustare le dieci versioni degli altrettanti finalisti – 5 modenesi e 5 bolognesi – lo chef Riccardo Agostini, i giornalista Sandro Bellei, Stefano Bonilli, Helmut Failoni, Alessandra Meldolesi e Licia Granello, lo chef Agostino Iacobucci, lo chef Marcello Leoni, lo Luca Marchini, la chef Aurora Mazzucchelli, il curatore di Enologica Giorgio Melandri e lo storico dell’alimentazione Massimo Montanari.
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Lucia Antonelli trionfa con i suoi tortellini tradizionali in brodo di gallina e manzo sui piatti degli altri chef finalisti scelti nei
due turni di primarie svoltisi nelle scorse settimane. Al secondo posto, per volere della giuria popolare che ha ribaltato di netto il giudizio degli esperti, si è piazzato
Carlo Alberto Borsarini de La Lumira di Castelfranco Emilia, con i tortellini tradizionali con ripieno crudo, brodo di cappone e muscolo anteriore di manzo. La giuria tecnica ha invece assegnato un premio speciale a
Fabio Berti della Trattoria Bertozzi di Bologna per i suoi tortellini tradizionali in brodo di cappone.
Non che gli altri chef siano stati da meno, anzi… per Bologna il tortellino con tre tipi di tartufo di
Dario Picchiotti di Antica Trattoria Sacerno ha ammaliato i commensali, come pure il suggestivo tortellino tradizionale in brodo di bue grasso e cappone cucinato da
Ivan Poletti di Cantina Bentivoglio. Ma anche i modenesi han fatto vedere, letteralmente, di che pasta son fatti:
Giovanna Guidetti de La Fefa non si è risparmiata con i tortellini tradizionali con ripieno di carne di manzo e di maiale scottati con il burro, poi mortadella, prosciutto crudo e il parmigiano reggiano stagionato 30 mesi, in brodo di guancia e lingua di mora romagnola, cappone e faraona. Per la Trattoria del Campazzo,
Gianluca Soncini ha portato i tortellini tradizionali con ripieno di Parmigiano Reggiano, mortadella, lonza di maiale, prosciutto, mezzo uovo, in brodo di cappone ruspante e costato di manzo, mentre per il Ristorante L’Incontro
Carlo Gozzi ha proposto un tortellino classico in brodo di cappone e manzo. E poi, un grazie personale a
Elvira Previdi della Trattoria Entrà: il primo cucchiaio dei suoi tortellini tradizionali con ripieno crudo, cappone e manzo con vari tagli mi ha riportato su un piccolo divano a fiori in una piccola cucina bianca, a reggere con le mie mani di bambina la calda scodella di tortellini in brodo che mia zia Rosa sapeva cucinare come nessuno. Grazie, di cuore.
Per la categoria vini, invece, sette i Pignoletti in gara: Bonfiglio, Tenuta Bonzara, Manaresi, Erioli, Cinti, il Monticino e la Cantina Fattorie Vallona. Ad essere giudicati i migliori della serata sono stati il
Pignoletto Frizzante Il Monticino e Vigna Antica Tenuta Bonzara.
La
sfida delle sfogline ha visto il trionfo invece delle modenesi
Alice Colombari e Michela Testoni sulle bolognesi Maria Cristina Sacchetti e Guendalina Fanti.
Il tortellino quindi è di Bologna ed è Donna. A voler essere precisi,
la leggenda infatti narrerebbe che il tortellino nacque a Castefranco Emilia presso tale Locanda Corona, ove le grazie di una nobildonna bellissima ne ispirarono la forma, che ricorderebbe appunto quella morbida di un ombelico. Eppure,
Massimo Montanari ci riporta alla concretezza: “Modena, Bologna… il problema non esiste. Il tortellino nasce nel Medioevo dall’incrocio tra la cultura della pasta e le torte ripiene, una tradizione che nell’area emiliana si è consolidata in modo particolare ma che vede sue declinazioni a distanza di pochi chilometri.
Cambiano i nomi, i ripieni, le leggende, il tortellino diventa anolino, marubino, cappelletto, ma si tratta sempre dello stesso oggetto gastronomico veicolatore di cultura, che avrà ancora una lunghissima storia. Magari ne mangeremo meno, ma non smetteremo di certo”.
E allora la definizione che ci è piaciuta di più e che sintetizza il messaggio di Montanari come quello delle personalità che ognuno dei cuochi ha messo nella propria creazione, è quella dello chef
Dario Picchiotti:
“Qual è il tortellino della vita? Quello di domani!”
Alessandra Locatelli