Nei giorni scorsi Milano ha ospitato una straordinaria quattro giorni all’insegna della cultura gastronomica firmata dai migliori cuochi italiani ed internazionali. Ad aprire le danze, il primo Food&Wine Festival, un accattivante temporary restaurant ideato da Paolo Marchi ed Helmuth Kocher per offrire al pubblico di gourmet il meglio della cucina d’autore e della produzione vinicola nazionale: un’agenda ricca quella di sabato, che ha visto sei cuochi sfidarsi due a due ai fornelli nella preparazione di piatti unici pensati per la golosa occasione. Golosa, banalmente vien da dire, ma è il termine che meglio rende giustizia all’evento, perfetta apertura dell’International Chef Congress Identità Golose, giunto alla sua ottava edizione raccogliendo, e meritatamente, sempre maggiori estimatori. Tra la gincane di sapori e di autentiche espressioni artistiche che hanno animato i quattro giorni, abbiamo scelto di iniziare raccontando di Cesare Battisti, cuoco di radici trentine, dal nome non facile da portare, del Ratanà, il delizioso ristorante milanese condiviso con l’amico Danilo Ingannamorte, altro nome che non si dimentica. Ha cucinato, duettando con Alice Delcourt dell’Erba Brusca, un risotto con latte di capra, Grana Padano, vaniglia, pepe nero e carciofi croccanti, rivelando tutta sua passione per questo cereale: “Ci sono centinaia di modi per cucinare il riso, si presta al gioco e alla sperimentazione più della pasta per la duttilità intrinseca e per la versatilità con cui può essere lavorato” ci ha spiegato. “Esistono centoventi tipi di riso italiano, è un prodotto che veicola le tradizioni delle diverse cucine locali”: pensiamo al risotto alla milanese, vera icona del made in Italy in tutto il mondo, o alla torta verde ligure, agli arancini siciliani, o anche solo alla nostra personale maniera casalinga di cucinarlo. Ad affiancare Cesare Battisti nella kermesse, il Riso Carnaroli Superfino prodotto dalla Riserva San Massimo, partner di Identità Golose ma prima ancora la tipologia che si cucina al Ratanà: nel cuore del Parco del Ticino, questo riso cresce in campi irrigati da acqua sorgive, è lavorato in modo tradizionale con un’unica sbiancatura senza impiego di prodotti chimici e confezionato in atmosfera protetta assicurando così l’integrità del sapore e la fragranza del chicco per lungo tempo senza l’ausilio di additivi e conservanti. Nel suo ristorante, Cesare Battisti ha in carta sempre cinque primi piatti: una pasta fresca, una secca, una zuppa e due risotti: “Servito a persona. Che logica c’è nell’insistere a proporre il risotto solo per un minimo di due persone? Così costringerei i miei clienti a mangiare la stessa cosa per forza. È vero, un risotto occupa una postazione di lavoro per venti minuti, ma i clienti si sentono accontentati, liberi di scegliere quello che vogliono senza vincoli, e ritornano.” Sicuramente ritornano per i risotti (ora in menu spiccano il risotto alla milanese all’antica e il risotto alle rape rosse e semi di papavero bianco), ma anche per tutto il resto, dagli altri piatti armonici ma di sostanza all’ambiente elegante ma informale, passando per la carta dei vini curata e degna di nota e per piccoli accorgimenti pensati per fare la differenza: come gli animatori per i bambini (dai 3 agli 11 anni) con cui i piccoli ospiti possono giocare senza annoiarsi al ristorante con mamma e papà. Semplicemente geniale. Ma cosa mangia un cuoco quando sveste la giacca bianca? “Bella domanda, per me cucino pochissimo e gli amici fanno altrettanto!” scherza, forse. “Si è portati a credere che chi fa questo lavoro possa giudicare, ma non è così. Cucinare è una cosa intima, un dono che si fa a qualcuno, porgendogli del cibo che si è manipolato appositamente per lui. È questo che conta.” Dunque, chi si offre di cucinare per Cesare Battisti?
Info:
http://www.ratana.it/ e
http://www.riservasanmassimo.com
Alessandra Locatelli
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