Capita, in quel percorso che da bambini porta verso l’adultità, di ritrovarsi a incamerare un tesoretto
che, anche se non lo sappiamo ancora, riemergerà al momento opportuno, determinando il nostro futuro. Capita, non così spesso, ed è capitato a Francesca ed Elena, 28 e 25 anni, grazie a quella travolgente e contagiosa passione che il papà, Andrea Paternoster, anima di Mieli Thun, ha saputo infondere in loro, intanto che riuniva molti intorno al suo impegno di rinobilitare il miele da mero rimedio curativo a ingrediente puro (come era in origine). Creare un marchio, un brand nel miele, che seguisse la filosofia di un’attività a filiera completa, dalla produzione alla vendita ad opera di un unico soggetto, è stato l’obiettivo chiaro fin dall’inizio - e peraltro raggiunto - di Andrea Paternoster.
Crescere dentro la cultura del miele
La storia delle sorelle Paternoster comincia dalla naturale accettazione, già in tenera età, di altre ‘sorelle’ in famiglia, perché è così che questi esserini alati sono entrati nella loro vita.
“Fin dalla materna, mia sorella ed io non abbiamo mai fatto il post scuola pomeridiano – racconta Elena - Mamma veniva a prenderci e ci portava in azienda, dove il lavoro era tanto e anche lei era impegnata a fare la sua parte. Ho un ricordo nitido, fra gli altri, di quando in stagione apistica, entravano i melari in azienda per la smielatura e del profumo che emanavano. Un’emozione! Siamo cresciute non solo libere ma incentivate a fare le nostre scelte mentre papà, vulcano di idee, metteva a punto, passo dopo passo, la sua rivoluzione nel mondo dei mieli, al plurale. Nonostante il nostro percorso di studi, siamo sempre rimaste connesse, partecipi di tutto ciò che accadeva: impossibile non essere coinvolte da un gioioso trascinatore come lui! Questo finché io per prima non ho iniziato la mia esperienza lavorativa in azienda”.
Elena è partita, come si suol dire, dalla gavetta in magazzino, alle prese con la gestione degli ordini e non solo. È seguita poi l’occasione di un’esperienza fuori casa, che non ha voluto farsi scappare come ulteriore motivo di crescita. Poi il rientro nel 2020, con la responsabilità di gestire tutta la parte commerciale di Mieli Thun, in stretta relazione con gli agenti, cercando di carpire dal padre quanto più possibile di quel mestiere.
Nel frattempo Francesca, la sorella maggiore, proseguiva a oltranza il suo percorso di studi fino a conseguire la laurea magistrale in Economia e Management a Roma e subito dopo un’esperienza nel mondo della ristorazione. Era in procinto di iniziare a lavorare in un’agenzia di comunicazione romana quando, insieme alla sorella, è stata chiamata all’appello. Da quel momento sarebbe toccato a loro due prendere decisioni importanti, non preventivate, sul futuro della creatura di famiglia: Mieli Thun.
Guardare avanti
“Dopo quello che è accaduto a papà – racconta Francesca - non c’è stato un attimo in cui abbiamo preso in considerazione l’opzione di non andare avanti, nonostante i moniti di chi ci stava intorno. ‘Siete sicure - ci dicevano - guardate che è un impegno!’ Ma noi, forti del legame che ci unisce, abbiamo deciso di tenere in vita Mieli Thun, anche alla luce di tutte le energie che qui sono state investite. Tempo un mesetto e già eravamo calate in un lavoro che non poteva fermarsi ad aspettarci e ci chiedeva di rodare velocemente”. “Elena – prosegue Francesca - lavorando già in azienda e vivendo in loco, era già sul pezzo, quanto a me ho lasciato una città, Roma, in cui vivevo bene e dove stavo per iniziare un percorso lavorativo a cui papà stesso teneva: ‘Pensa a fare esperienza!’, mi diceva. Il mio compito in azienda è seguire la parte dell’apicoltura e produzione, in coordinamento con chi lavora con noi, ma anche la comunicazione.
Ci sono state e ancora ci sono figure fondamentali accanto a noi, come nostra madre Lucia, che con mio padre aveva avviato questa attività e che oggi rappresenta, con la discrezione che le è propria, ‘i nostri occhi’ sul comparto produttivo. E questo ci dà molta serenità”.
Francesca ed Elena, poesia e concretezza
Capelli biondi e occhi chiari, questi sono i tratti che accomunano Francesca ed Elena che, per tutto il resto, si differenziano tantissimo. “Francesca - racconta Elena - è poesia, zucchero filato, la parte più bella di papà. Io sono più pragmatica. Lei ha le idee e io mi attivo per concretizzarle”. Lo conferma Francesca “Elena è i miei piedi per ancorarmi a terra e io sono il suo modo per svagare”. Sta di fatto che questo essere così complementari fra loro le sta aiutando nella gestione dell’azienda.
Ad accomunarle ci sono i valori assorbiti in famiglia, la forza che arriva dai tanti, tantissimi, amici di papà “che sono anche i nostri amici” e una passione per quel lavoro che gli è letteralmente esplosa dentro. Una sorta di affioramento di qualcosa che nel tempo è cresciuto in loro.
“Il lavoro mi ha preso da subito - confida Elena. Mi frulla il cervello anche di notte ‘devo fare questo, quell’altro...’, dico a me stessa. Mi ritengo fortunatissima perché mi alzo ogni giorno con la voglia di fare”.
Francesca invece ha iniziato a documentarsi e leggere, per necessità di entrare bene nel mestiere, e ora tutto questo è diventato una sorta di dipendenza: legge in contemporanea anche quattro libri, tanto è il la fame di saperne sempre più. “Il mio compito è divulgare, informare. C’è veramente molto da conoscere in questo campo. Più approfondisco e più scopro che si sa troppo poco delle api, della loro intelligenza e organizzazione. Il loro minuscolo cervello, grande come la capocchia di uno spillo, le rende capaci di pensare, imparare, pianificare, risolvere problemi, formare concetti e comunicare fra loro ma, per via delle tante minacce alla loro incolumità, hanno bisogno delle nostre attenzioni e cure. Il farle stare bene è la nostra priorità (lavorare con e per le api)”. Elena è solita dire che sua sorella ha la stessa capacità del padre di farla innamorare delle api, per come ne parla e per le esperienze che le fa vivere...
Il nomadismo apistico e i mieli monofloreali
Entrambe sono ferme nel mantenere invariato ciò che ha connotato Mieli Thun. “Quanto ha fatto papà da parte nostra in questo momento è insuperabile. Questo non significa che non culliamo idee che a poco a poco contiamo di realizzare ma le radici non si toccano!” precisa Francesca.
A partire da quella concezione di nomadismo apistico, nata dagli spostamenti di Andrea Paternoster in giro per lo Stivale dove ha trovato fioriture altrettanto interessanti quanto quelle di casa propria, se non di più. Da qui l’idea di spostare anche le sue api, traportandole di notte nei luoghi di massima fioritura dei fiori prescelti, e di creare in loco una rete di ‘custodi’ che se ne prendessero cura per il periodo di permanenza.
“Quella scelta assecondava la natura di papà e della sua anima nomade – spiega Francesca.
Ad affascinarlo la possibilità di conoscere nell’intimo luoghi e persone che altrimenti gli sarebbero stati preclusi. E poi il cercare le migliori fioriture gli consentiva di ottenere mieli, mieli monofloreali, più puri, concetto su cui si è focalizzato molto. E noi pure”.
La degustazione dei mieli come per il vino
“Per fare un kg di miele le api visitano 6 milioni di fiori. – spiega Francesca - Ecco, papà diceva che sono come altrettanti pixel che raccontano in maniera fedele quel territorio. Sono fotografie, istantanee del territorio. La sua ossessione per la ricerca delle fioriture migliori ci ha insegnato che solo così si ottengono i risultati migliori. Quando facciamo degustare i nostri mieli capita che ci venga chiesto: “Oltre al miele cosa ci avete messo?”, tanto intensamente emerge il fiore in termini di gusto e profumo. Tra l’altro la degustazione la facciamo in un calice, come per il vino, dove viene introdotto un cucchiaio di miele, che si spalma sulle pareti e a quel punto inizia la valutazione sia olfattiva che gustativa. Nel suo intento di rinobilitare il miele, o meglio i mieli, papà ha mutuato diversi spunti da altri settori, quello del vino in particolare. Lui, che ha saputo porsi in ascolto”.
Diario di viaggio di Francesca
31 marzo 2022
“Mille stelle vengono giù
come le mille per mille api che anche quest’anno abbiamo portato sull’isola della Certosa, nel cuore della laguna di Venezia.
Siamo partiti di notte, siamo arrivati a Venezia. Un traghetto ci ha portato sull’isola e lì abbiamo posizionato 20 arnie.
Nuova vita \ nuova stagione \ nuovo nettare. L’isola è per metà un bosco di ailanti, indaco bastardo, trifoglio, ligustro, spino di giuda e tiglio. C’è anche il limonium, chiamato anche ‘Fiorella di barena’. Da adesso in poi questa piccola piantina lagunare, varietà locale della salicornia, si riempirà di umidi fiorellini e colorerà la laguna con un vivace rosa purpureo.
Se le api la troveranno, produrranno il prezioso miele di barena. Un miele che ha una storia antica e che un tempo si produceva mettendo delle palafitte sotto le arnie, per evitare i danni delle acque alte. Un nettare iodato, fresco e intenso, con note acide e profumo di fiori bianchi.
Il progetto, costruito con la famiglia Alajmo, ogni volta ci emoziona. Un po’ perché arrivare sull’isola sembra un salto in un’altra dimensione, più lenta, silenziosa, sospesa. Un po’ perché produrre mieli in laguna è una sfida bellissima”.
Simona Vitali