Negli anni in cui l’Italia veniva unificata si contavano oltre 150 specie di pesci che venivano consumati dagli italiani. Oggi solo venti specie di pesci rappresentano l’80% del consumo di pesce e questo diventa il primo problema evidenziato in occasione di Slow Fish, la manifestazione biennale di Slow Food che si è conclusa pochi giorni fa a Genova.
“Lasciate da parte per un po’ tonno e spada, e anche i filetti surgelati, e chiedete tombarello, palamita, leccia, sgombro o barracuda. – afferma Silvio Greco, responsabile scientifico dell’evento - Contribuirete a una rivoluzione, salvare specie a rischio estinzione, e darete ai vostri figli nutrimenti di qualità”.
Nuove modalità di consumo che rappresentano una soluzione anche per combattere le frodi nella pesca. Tema affrontato dalla commissaria europea degli Affari marittimi e della pesca, Maria Damanaki, che spiega: “La pesca illegale raggiunge, a quanto pare, un valore di 10 miliardi di euro all’anno nel mondo. Si tratta di un’attività criminosa con effetti nefasti per l’economia, distruttivi per l’ecosistema marino e dannosi per le collettività dei pescatori e i consumatori”.
Per fronteggiare la situazione il Centro comune di ricerca della Commissione ha predisposto un rapporto scientifico su come le nuove tecnologie possono contribuire alla lotta contro le pratiche illegali e favorire la tracciabilità del pescato. Quest’ultimo tema è il più sentito dai consumatori che chiedono informazioni chiare su: prezzo, provenienza, freschezza, sistemi di pesca.
Sono alcune delle indicazioni che emergono dal rapporto sui consumi domestici di pesce "Il pesce a tavola: percezioni e stili di consumo degli italiani", realizzato da Ismea e coordinato da Francesca Carbonari.