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Intervista a Romolo Verga, sales & marketing manager di Demetra Food

01/12/2020

Intervista a Romolo Verga, sales & marketing manager di Demetra Food

Si fa sempre
più preoccupante la situazione del comparto ristorativo in Italia ma non
dobbiamo dimenticare che, a questo settore, è collegata un’intera filiera –
dall’agricoltura all’industria di trasformazione alla distribuzione – che, in
molti casi (vedi quello dei codici ATECO dei distributori) non sono neppure
stati presi in considerazione dai ristori. I problemi delle aziende alimentari
che lavorano prevalentemente con l’Horeca, poi, non vengono neppure affrontati
convinti che il settore alimentare non abbia risentito della crisi. Questo è
l’esempio di come, molto spesso, si ragioni per macrocategorie in un paese
dove, invece, è la piccola e media impresa, con le sue specificità, a garantire
l’economia
. Ne parliamo con un imprenditore che ha sviluppato, in pochi
anni, un’azienda di grande successo nel settore dell’agroindustria rivolto alla
ristorazione: Romolo Verga, sales & marketing manager della valtellinese
Demetra Food.
 

In questi mesi si è sempre detto che il settore alimentare non ha subito
molti contraccolpi dalla crisi pandemica perché la grande distribuzione ha
salvato l’industria alimentare; questo è vero solo in parte perché c’è una
conformazione del settore più complessa di quella che appare, con aziende
specializzate nel fornire il canale Horeca che, per organizzarsi verso la
grande distribuzione dovrebbero apportare modifiche profonde nella propria
struttura, sia sul piano logistico che su quello dei prodotti. E queste aziende
hanno sofferto molto le chiusure dei ristoranti e delle pizzerie. Come si
possono spiegare diversificazioni e quali misure servono per fronteggiare il
periodo? 

“I contraccolpi innescati dalla pandemia sono stati notevoli per tutta
l’industria alimentare; in particolare sul conto economico del Food&Bevarge
pesa il sostanziale blocco del canale Horeca, i cui consumi valgono quasi il
35% del mercato totale. La flessione del nostro comparto non è sicuramente
stata compensata dalla crescita nel canale del dettaglio nazionale, visto anche
il calo netto delle esportazioni. È emersa chiaramente la scarsa conoscenza a
tutti i livelli, dalle istituzioni alle associazioni territoriali, della
filiera Horeca: la chiusura di bar, pizzerie e ristoranti è stata ricondotta a
un problema esclusivo dei gestori di tali attività, senza comprendere che alle
loro spalle vi sono aziende specializzate nella distribuzione e nella
produzione che occupano decine di migliaia di lavoratori e che non possono modificare
istantaneamente la struttura del proprio business. Non è facile identificare le
soluzioni, ma sono convinto che sia necessario passare dalla logica dei
provvedimenti “a pioggia” a quelli specifici e mirati per ogni singolo comparto”.

 Questa crisi ha evidenziato come la
filiera della ristorazione sia stata troppo sfilacciata in questi anni: quali
sono gli interventi necessari affinché il rapporto tra
produzione/distribuzione/ristorazione diventi più chiaro e trasparente e assuma
l’importanza che merita?

“Credo che all’interno della filiera Horeca si sia raggiunta una buona
conoscenza reciproca tra i vari attori in gioco, questo grazie alle azioni di
comunicazione e aggregazione che sono state fatte negli ultimi anni. È debole
invece la forza di ogni componente della filiera verso l’esterno e intendo nei
confronti delle Istituzioni e dei media. Negli ultimi mesi abbiamo spesso visto
nelle varie trasmissioni televisive intervenire chef, imprenditori, ecc. per
manifestare la drammaticità del momento a titolo personale, ma raramente li ho sentiti
parlare a nome della filiera o della categoria in generale”.

Come state
reagendo, in azienda, al periodo di incertezza determinato da misure che non
permettono al ristoratore di fare una pianificazione corretta degli acquisti? E
quali interventi ci sono a salvaguardia del vostro settore?

“Il punto critico è proprio la pianificazione: per un’industria che lavora
con materie prime in massima parte fresche, stagionali e quindi deperibili, l’incertezza
è un fattore devastante. Stiamo lavorando con grande concentrazione per essere
pronti nel momento di ritorno alla normalità e quindi continuiamo a produrre, alzando
lo stock dei prodotti anche se questo ha un impatto finanziario importante”.

Come vede il
prossimo futuro?

“A breve termine è difficile fare previsioni, siamo all’inizio di una
stagione importante per il nostro settore e ancora oggi purtroppo non abbiamo
certezze su come verrà gestita. Nel medio-lungo periodo resto ottimista, sono
convinto che sia il fuori casa che il turismo in generale possano riprendere il
trend di crescita che degli ultimi anni, pur con gli inevitabili cambiamenti che
gli operatori dovranno portare nella propria attività dopo questa esperienza”.

Parole dette da chi vive in diretta, ogni giorno, la drammaticità di una situazione
che sembra non venire colta appieno dalla classe dirigente di questo Paese

che sicuramente è impegnata nell’emergenza ma che deve guardare anche al futuro
e alla crescita del Paese a cominciare da quei settori, come il turismo e la
ristorazione ad esso inevitabilmente collegata, che sono la linfa dell’Italia.



Luigi Franchi

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