Secondo Edi Sommariva, Direttore Generale della Fipe, sono due gli articoli del decreto che a una prima lettura si configurano come obbrobri legislativi.
Il primo riguarda la ristorazione e stabilisce che tutte le attività ricettive, nessuna esclusa – vale a dire dall’hotel al campeggio, dal bed & breakfast, al residence – dall’entrata in vigore del decreto abbiano il diritto di svolgere attività di somministrazione di alimenti e bevande con requisiti morali e professionali e procedure di accesso del tutto semplificate rispetto a qualsiasi altra impresa italiana.
“Se così fosse – spiega Sommariva – si tratterebbe di una disparità di trattamento, perché introdurrebbe due regimi di regole in uno stesso mercato.
Già da oggi, se ho un’impresa di affittacamere, con la sola autorizzazione sanitaria, posso cominciare a dare da bere e da mangiare al passante. Se questa interpretazione del decreto, come credo, venisse confermata, si tratterebbe di un atto iniquo. Secondo il Ministero del Turismo stiamo sbagliando l’interpretazione… Speriamo sia davvero così, altrimenti l'ordinamento giuridico del settore e finirà per essere stravolto e per produrre sul turismo effetti opposti a quelli vantati in sede di conferenza stampa a Palazzo Chigi, creando una sperequazione fra le imprese”.
Il secondo è quello che riconosce la qualifica di “impresa turistica” solo ai pubblici esercizi inseriti nei sistemi turistici locali, vale a dire un contesto turistico omogeneo o integrato, caratterizzato dall'offerta integrata di beni culturali, ambientali e di attrazioni turistiche. E' questa la lettura che del decreto dà la Fipe, lettura che però il Ministero smentisce, dichiarando che la qualifica è da intendersi allargata anche agli esercizi al di fuori dei sistemi turistici locali.
“Se abbiamo ragione noi – chiarisce Sommariva – significa che fino ad ora il Ministro non ha detto il vero. Ci auguriamo quindi di sbagliare… perché se così non fosse significherebbe, ad esempio, che un ristorante a tre stelle, anche se non è inserito in un sistema turistico locale, non possa essere qualificato come impresa turistica. Anche in questo caso la disparità di trattamento sarebbe inaccettabile. Restiamo a vedere gli sviluppi della vicenda e auguriamoci davvero di avere mal interpretato il decreto, come sostiene il Ministro Brambilla”.