Marco Lagrimino, ristorante L’Acciuga, Perugia
Dei quattro primi in carta al ristorante gourmet L’Acciuga, aperto di recente alla periferia di Perugia per volere dei giovani imprenditori Luca Caputo e Simone Farinelli, a parte il risotto, uno è di pasta fresca e due di pasta secca. “Prediligo e sto cercando di far conoscere e apprezzare formati particolari. – spiega lo chef Marco Lagrimino, un bagaglio di esperienze nelle cucine di Pierre Gagnaire, Heston Blumenthal, Anna Hansen e Vito Mollica – Per esempio, nel menu estivo utilizzavo delle ruote di Benedetto Cavalieri che incuriosivano molto la clientela. Propongo poi le stringhette, di un pastificio dei Monti Sibillini, spaghetti quadrati, simili a quelli alla chitarra ma secchi, e poi mezze maniche e paccheri. Come pasta fresca, invece, ravioli ripieni di ricotta ed erbe amare, mentre nel menu appena sostituito (cambiamo la carta ogni tre mesi) era presente lo spaghetto alla chitarra preparato da noi con soli albumi, che offre il sapore del grano duro e la tenacità di una pasta secca, e una Calamarata abbinata a un burro al vino (sulla falsa riga della salsa beurre blanc, con vino bianco, scalogno e aceto), fondo di manzo e ostriche”.
La pasta, insomma, è vissuta in gran parte come una base sulla quale sviluppare un estro creativo nutrito da influssi locali e internazionali. “Sicuramente, però, è la preparazione più difficile da reinterpretare – osserva Marco Lagrimino –. È tanto radicata nella nostra cultura gastronomica che riproporla in chiave diversa, come amo fare, non è semplice. Ma quando ci si riesce la gente lo apprezza”.