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Il grano Senatore Cappelli

16/06/2023

Il grano Senatore Cappelli

Può raggiungere i 180 centimetri di altezza e presenta dei filamenti neri, le tipiche ariste. Sono queste alcune delle caratteristiche fisiche che contraddistinguono il grano Senatore Cappelli, ma c’è molto più di questo.

Le sue radici profonde gli consentono di assorbire bene i nutrimenti della terra e di resistere a molte infestanti, i suoi chicchi duri permettono di realizzare una pasta che tiene bene la cottura. Ha un livello di glutine basso, è particolarmente ricco di proteine, amminoacidi, lipidi, vitamine del gruppo B, vitamina E e sali minerali.

Ma il grano Senatore Cappelli è davvero un grano antico?

Se un grano antico è una varietà di frumento che non ha subito modificazioni genetiche e selezioni da parte dell'uomo, la risposta è indubbiamente no. Ma si tratta di un grano che ha segnato la storia della cerealicoltura del Sud Italia, in particolare di Puglia e Basilicata.

Pane con grano Senatore CappelliPane con grano Senatore Cappelli

La storia del grano Senatore Cappelli

La nascita del grano Senatore Cappelli si può far risalire al 1915, anno in cui questa varietà fu selezionata da una popolazione di frumento duro di origine tunisina: il Jean Rhetifah. Prende il nome da Raffaele Cappelli, senatore di origine abruzzese, che mise a disposizione del genetista Nazareno Strampelli la Masseria Manfredini a Foggia. È lì che, nel 1919, venne costituito l’Istituto Nazionale di Genetica per la Cerealicoltura, dando vita alla Stazione Fitotecnica per le Puglie, oggi Centro di Ricerca per la Cerealicoltura. Un grano rustico, il quale predilige terreni poveri ed argillosi. Ebbe velocemente una grande diffusione che proseguì fino agli anni Sessanta. La sua altezza portava spesso all’allettamento, di conseguenza fu man mano sostituito con nuove varietà di frumento duro.

La nuova vita del Senatore Cappelli

Assieme al recupero di molti grani antichi, a distanza di oltre 100 anni, anche il grano Senatore Cappelli sta guadagnando terreno. Aumentano ogni anno gli agricoltori che scommettono sulle sue qualità agronomiche ed organolettiche. Nella prima metà del Novecento questa varietà, nel Mezzogiorno d’Italia, rappresentava il 60 per cento della produzione di frumento duro italiano. Oggi, ad assicurare il mantenimento in purezza di questa varietà, è proprio il CREA che certifica la produzione del seme in base alla legislazione vigente. È protagonista di innumerevoli produzioni moderne che vanno dalla pasta al pane, passando per una serie di prodotti da forno.

Pasta fresca con grano Senatore CappelliPasta fresca con grano Senatore Cappelli

La produzione di grano duro in Italia

In Italia la produzione nazionale di grano duro quest’anno crescerà del 12%. Sono le previsioni del CREA di Foggia per la campagna in corso proprio in questo periodo, con le variazioni dovute agli aspetti climatici e territoriali. Il bacino più importante resta l’area del Mezzogiorno, che vede in testa la Puglia (390.000 ettari), seguita da Basilicata (175.000 ettari), Campania (70.000 ettari) e Molise (60.000 ettari). La varietà più diffusa è il Simeto, seguita da Ciccio, Duilio, Iride e Gargano. La produzione di grano italiana, negli ultimi anni, sta andando nella direzione della qualità, con la riscoperta di grani duri antichi come Solina, Marzellina, Saragolla, Turanicum, diretto discendente del grano Khorasan.

Tavoliere delle PuglieTavoliere delle Puglie

Grano: simbologia in tavola

Fu tra le primissime piante ad essere coltivate, proprio nel cuore della Mezzaluna fertile, dove è nata l’agricoltura. Il grano, oltre ad essere da sempre protagonista di poesie, canzoni ed opere artistiche, è alla base della nostra alimentazione. Simbolo della Dieta Mediterranea, porta con sé un carico culturale ricchissimo. Fertilità e rinascita, ricalca perfettamente il ciclo della vita e della morte e, proprio per questo, ritorna in alcune preparazioni tradizionali. È il caso della pastiera napoletana, ma anche dei cicci cotti pugliesi (ovvero il grano dei morti). Per la festa di Santa Lucia, in Sicilia, fa capolino la cuccìa. Per il primo maggio e per la festa di Ognissanti nel Cilento, invece, si prepara la cicciata


Cosa altro si può fare, pensando a tutte le cose la cui ragione non si comprende, se non perdere lo sguardo sui campi di grano. La loro storia è la nostra, perché noi, che viviamo di pane, non siamo forse grano in larga parte?

(Vincent van Gogh)

a cura di

Antonella Petitti

Giornalista, autrice e sommelier. Collabora con diverse testate, tra radio, web e carta stampata. Ama declinare la sua passione per il cibo e i viaggi senza dimenticare la sostenibilità. Sempre più “foodtrotter” è convinta che non v’è cibo senza territorio e viceversa.

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