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La cucina in tv tra spettacolarizzazione e promozione di abitudini sane

07/03/2025

La cucina in tv tra spettacolarizzazione e promozione di abitudini sane

Se già prima del 2020 era chiaro che la cucina in tv fosse diventata un fenomeno importante (l’Auditel misurò allora che il 30% degli italiani ogni mese guardava almeno 2 ore di contenuti a tema food), ciò che è successo con l’arrivo del Covid ha amplificato ancor di più la tendenza. Lo dicono i numeri, come quelli dell’indagine condotta da Euromedia Research secondo cui la maggioranza assoluta della popolazione (il 57,9% per la precisione) dichiara oggi di seguire in tv programmi di cucina. Senz’altro utile dunque per chi gravita intorno al settore dell’enogastronomia affacciarsi dentro “la scatola magica” e cercare di capire quali traiettorie si stanno seguendo. Partendo magari da una considerazione abbastanza evidente a tutti: i programmi di cucina si sono evoluti verso format di intrattenimento puro, arrivando ai talent show e documentari esperienziali.

Il pubblico dunque non cerca più solo ricette e indicazioni sulle materie prime da utilizzare, ma soprattutto storie su prodotti, territori e persone. Questo ha inevitabilmente portato a un sensibile aumento dell'offerta di programmi dedicati al tema, sia sulla televisione tradizionale che sulle piattaforme di streaming, con riscontri perlopiù entusiasmanti: “Sono passati 23 anni da quando ho iniziato a girare e raccontare il territorio. Dalle isole, ai giardini, ai parchi, incontrando la gente del posto, tra paesaggi e monumenti. Tutte cose meravigliose, senza ombra di dubbio, ma quando si passa all’enogastronomia si accendono gli occhi di tutti e l’atmosfera cambia!”. A dirci la sua è Paolo Notari, storico volto televisivo che prima con Unomattina, poi con altri iconici programmi Rai come La vita in diretta, Sereno Variabile e tanti altri a seguire, ha passato al setaccio i luoghi più affascinanti della penisola. Quel che appare chiaro è che la trasformazione nel modo di raccontare la cucina è stata netta: “Quando ho cominciato con la tv non esisteva proprio parlare di cucina come lo vediamo oggi. Poi c’è stata una fase in cui era abbastanza nuovo anche semplicemente il racconto del prodotto tipico, mentre ora abbiamo decisamente preso coscienza che l’enogastronomia è cultura, non solo promozione. Potremmo dire che a sdoganare i cuochi in tv è stato Vissani, ma oggi siamo decisamente lontani da quella modalità di racconto”.

Tra gli elementi che appare importante sottolineare c’è il fatto che se da un lato si parla sempre più spesso di cucina in tv legandola a format che puntano sull’intrattenimento, dall’altro è chiaro che la narrazione può influenzare le scelte alimentari e gli stili di vita del pubblico. L’equilibrio è dunque tutt’altro che scontato e gli stessi autori televisivi sono chiamati a farci i conti: “Personalmente percepisco chiaramente il cambiamento che c’è stato. Ad esempio ho un nipote di due anni che ama giocare con una cucina giocattolo e quando arrivano gli amichetti si mettono subito ad armeggiare con quella. È una prova che la comunicazione del cibo nei media sta influenzando l’approccio culturale ed è qui che nascono i rischi. Non bisogna eccedere nel mitizzare certe cose, ad esempio non amo quei programmi dove c’è un ingegnere che fa una frittata e uno chef stellato che gli urla contro perché ha sbagliato qualcosa. Il messaggio positivo che deve passare è quello di stare più attenti a ciò che si mangia e, secondo me, grazie alla tv abbiamo ora un po’ più di coscienza. Quindi onore alla tv che sta creando una cultura del mangiare e del bere, ma stando sempre attenti a non estremizzare”. Invece su cosa potrebbe puntare un ristoratore, un produttore, un proprietario di struttura ricettiva che anela ad arrivare sul piccolo schermo per raccontare la propria storia? “Cerco sempre di trovare una tipicità vera - ammette Notari - ovvero, qualcosa che è originale e magari si trova solo lì. Non mi preoccupo certo di pensare se sia popolare o no, perché è il mio compito quello di renderla fruibile da chiunque. Del resto se c’è l’emozione funziona qualunque cosa che esprima l’unicità di un territorio e il legame di quel prodotto con esso. Puntando al fatto che il pubblico si incuriosisca e senta la voglia di andare a visitare quel luogo”.

NotariNotari

Decisamente significativa la testimonianza di uno dei volti televisivi più celebri nel mondo della cucina, quello di Giorgio Barchiesi, oste e conduttore divenuto una vera stella con il suo programma Giorgione - Orto e Cucina. La sua ascesa rispecchia perfettamente la tendenza a cercare di suscitare emozioni nel pubblico, attraverso storie di passione, impegno e amore per il cibo. Del resto gli spettatori si sono dimostrati sempre più curiosi verso il mondo dell’enogastronomia, non certo visto come bisogno primario ma come fonte di piacere, scoperta e identità culturale:

“Intanto bisogna fare un distinguo, perché “cucina spettacolo” è diverso da “cucina”. Intendo dire che dove si fanno le gare non è proprio cucina, c’è un pubblico a cui piacciono queste cose e lo rispetto, ma personalmente non farei mai un programma del genere. Io non sono né uno chef né un cuoco, però ho sempre cucinato divertendomi a farlo. Anche quando da studente sono andato a vivere da solo, molti amici venivano a mangiare da me perché sapevano che anche con il poco che c’era in frigo si sarebbe mangiato bene”. Quel che appare più chiaro osservando Giorgione all’opera davanti a una telecamera è che l’arte di trasformare la materia prima in cibo è ciò che più l’affascina, unito poi con il tempo al desiderio di raccontare piccole produzioni d’eccellenza: “Sono cresciuto in un’azienda agricola quindi la materia prima la conosco bene da sempre - racconta Barchiesi - Voglio dire che se un pezzo di carne è buono lo vedo da lontano. Poi un giorno sono venuti a casa mia degli autori tv, hanno visto l’orto e le bestie da cortile, con tanti ingredienti del nostro areale. Lì è nato tutto. Mi accorgo di essere intergenerazionale e interclassista, ma non so perché. Forse perché non ho mai avuto autori né lavorato con copioni, il mio modo di stare in tv non è certo una fiction, apro bocca e gli do fiato! E allora basta parlare per forza di km zero, parliamo piuttosto di “km buono”. La dieta mediterranea… chiamiamola come vogliamo ma è quel che abbiamo da sempre, poi possiamo vestirla da “cucina fru fru” ma basta essere coscienti che lo facciamo solo perché il mercato lo impone. Il cibo è cibo e deve essere in primis un piacere”.

GiorgioneGiorgione
Se volessimo dunque azzardare qualche conclusione, nel prossimo futuro ci sarà una divaricazione sempre più netta tra format tv che utilizzano il cibo come elemento per intrattenere in maniera spettacolare e altri che invece riporteranno l’attenzione sull’aspetto più quotidiano del mangiar bene. Nel mezzo c’è da aspettarsi che sarà ancora lunga la stagione dei programmi itineranti alla scoperta delle bellezze dei nostri territori, che tra una testimonianza storica e un racconto folkloristico non potranno certo evitare di dare spazio alle ricette tipiche in grado di esprimere al meglio l’anima di quel particolare luogo.
a cura di

Michele Bellucci

Giornalista-contadino, scrive di cultura ed enogastronomia per Il Messaggero e nel 2019 ha creato una Fattoria didattica in Umbria. Formatore in comunicazione e marketing. È Sommelier, Degustatore di olio EVO, esperto di analisi sensoriale del miele.
 
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