Degustare è osservare. Il colore pieno, brillante, omogeneo del vestito.
Degustare è toccare. Spezzare la superficie liscia, mordere un piccolo scrigno.
Degustare è ascoltare. Lo scrocchio netto che spalanca le porte del tempo e dello spazio, il silenzio che combacia perfettamente all’incontro con le labbra.
Degustare è annusare. Avvertire aromi caldi, speziati, oppure inebrianti, leggeri, esotici, mai uguali.
Degustare è, solo adesso, incontrare l’anima, annodando la memoria personale alla memoria collettiva.
Che si scelga una tavoletta, un napolitain o una pralina, le sensazioni coinvolte scoprendo il cioccolato Amedei, l’azienda toscana nata e cresciuta con Cecilia Tessieri, si compongono una dopo l’altra e si fondono plasmandosi sull’ esperienza e sulla sensibilità di ognuno di noi.
“La degustazione non è un semplice assaggio. È un rito, e come tale richiede tempo, situazione, e disposizione d’animo.” La definizione di Cecilia Tessieri sintetizza perfettamente la filosofia Amedei: il cioccolato è il più misterioso dei miti, un’idea da esprimere, a cui avvicinarsi con pazienza e rispetto.
“Tutto arriva in azienda a crudo, aromatizziamo naturalmente, senza aggiunte, tostando anche la frutta” spiega Cecilia, a cui si deve anche l’invenzione di praline ripiene uniche al mondo. “Il maitre chocolatier di un tempo chiamava il ripieno anima. È celata, non si vede, è unica, da scoprire. Noi la chiamiamo ancora così: inizio sempre da qui, creo prima il gusto… è complesso ma bellissimo. Ricerco un ricordo, una sensazione, un’immagine e le conferisco quella forma. C’è una pralina al caffè, pensata proprio per ricreare il momento della colazione la domenica mattina, quando tutta la famiglia è riunita e nell’aria si sente l’aroma del caffè che bolle sul fuoco, oppure la pralina al rabarbaro, legata al ricordo delle caramelle dell’infanzia…” e si potrebbe continuare all’infinito. Perché anche questo è il bello: il cioccolato, in forma solida, da lavorare, è un prodotto giovane, prima della metà del 1800 era conosciuto solo nella sua forma liquida, come bevanda, perciò la fantasia può ancora spaziare molto.
Una volta plasmata l’anima, si pensa alla copertura, al vestito: “come una sarto che realizza un abito, lo pensa perché stia bene a quella modella, lo fa su misura, per lei” così ogni pralina è rivestita in modo unico e speciale, lavorata e decorata a mano. L’uomo e la macchina lavorano insieme in stretto rapporto ergonomico, esattamente come una volta, conoscendosi e migliorandosi a vicenda.