Che fare?
“È indispensabile conoscere gli ingredienti che compongono un piatto e questo evidenzia la complessità della filiera e, nel libro, abbiamo cercato di affrontare scientificamente un percorso che può essere applicato quotidianamente e non occasionalmente, sia che si tratti di una dieta come del menu di un ristorante. Questa è la differenza: noi dobbiamo cambiare stile di vita alimentare. Non ha senso sedersi a tavola e affrontare, per forza, un menu degustazione invece di scegliere di mangiare anche solo un piatto che ci piace quando ne abbiamo voglia. Dobbiamo pensare anche alla dieta o al digiuno non come penitenza ma come attenzione al cibo, come pensiero a ciò che si sta mangiando, a imparare a conoscere gli ingredienti e il loro processo di trasformazione. – puntualizza Vittorio Fusari - Quindi prima di parlare di quanta carne o verdura mangiamo bisogna pensare a quale carne o verdura portiamo alla bocca. Da dove arriva, come è stata allevata o coltivata. Nessuno chef è più bravo di Dio e quindi sa fare una mela più buona di una mela; deve invece saperla riconoscere e utilizzarla nelle sue caratteristiche, senza rovinarla e dando una ricchezza al piatto”.
La ricerca che si trova nel libro è scientifica e creativa al tempo stesso, impone tempo per cercare ingredienti, per prepararsi il cibo. Questo porta a una sorta di meditazione e conoscenza, affrontata nella terza parte del volume.
“I piatti che sono contenuti nel libro – prosegue lo chef - sono stati pensati per un tempo di alimentazione determinato non solo dalla scansione temporale ma da diversi fattori che ti portano ad andare a tavola: il mettersi insieme, rompere gli schemi, incontrare amici. Creare dei momenti che ti portano a tavola più spesso, magari con piccole cose. Pensare a un piatto del digiuno non è stato facile, ma se gli diamo un termine di consapevolezza allora tutto cambia perché diventa chiaro lo scopo: lavorare su noi stessi, sulla nostra salute e qualità della vita”.
Dare tempo e valore al cibo
Oggi si dedica meno tempo al cibo ma è invece utile il contrario, sostiene lo scienziato: “Ad esempio capire e andare a cercare gli ingredienti, conoscere la forma e lo spessore del cibo, diventa un bagaglio importante che, in molte parti del mondo, non è preso in considerazione e, guarda caso, in quegli stessi luoghi dilagano obesità e distacco sociale. In Italia il problema è leggermente diverso, perché viviamo in una società che sta progressivamente invecchiando: secondo gli ultimi dati il 21% degli italiani ha più di 65 anni e, tra 15 anni, questa percentuale salirà al 34%. Di questi ultra65 il 90% ha una patologia cronica. Questo ha un’incidenza che diventerà insostenibile per il servizio sanitario. Con le conoscenze che abbiamo sappiamo che il 75% di queste patologie sono prevenibili, proprio a partire da una sana alimentazione, e permetterebbero un risparmio di miliardi di euro (solo per i farmaci di malattie cardiovascolari, prevenibili, si spendono quattro miliardi)”.
Solo prestando attenzione ad una giusta alimentazione potremmo contribuire a risolvere i problemi descritti da Fontana.
“Noi abbiamo tradizione, dobbiamo partire da lì per renderla contemporanea perché questo è l’unico modo per mantenere un patrimonio straordinario di saperi e valori assoluti. Dobbiamo usare il tempo in modo diverso, occupandoci del fare il cibo. Se non in casa, insieme ad un cuoco e ad altre persone, per creare intorno al cibo un modo di riflettere e conversare” suggerisce Vittorio Fusari. Prima regola anti-solitudine!
Luigi Franchi