Se esiste un simbolo culinario delle calde giornate estive romane, quello è senza dubbio la grattachecca.
Nata nei rioni popolari all’inizio del Novecento, è uno “street food” che, nonostante il passare del tempo e l’avvicendarsi delle mode, continua a resistere.
La preparazione è semplice: si prende un blocco intero di ghiaccio (chiamato appunto checca) e lo si raschia con una lama affilata.
Il ghiaccio così ottenuto viene poi condito in modo molto semplice, con sciroppi colorati e frutta fresca a pezzi. A differenza della granita, ha una consistenza più grossolana, e ogni cucchiaiata restituisce il rumore croccante dei cristalli di ghiaccio che scricchiolano sotto i denti.
A Roma esistono ancora diversi chioschi che servono la grattachecca, ma solo alcuni rispettano la preparazione tradizionale. Uno in particolare è entrato a pieno titolo nella storia della città: quello della Sora Maria.
La sua storia comincia nel 1933, quando Maria, giovane sposa, apre un piccolo chiosco in via Trionfale investendo il denaro ricevuto in dono per il matrimonio. Decide di mettersi in proprio per mantenere la famiglia: compra il ghiaccio, prepara in casa gli sciroppi, taglia la frutta con cura.
È una pioniera, come molte altre donne che in quegli anni popolavano il lungotevere con piccoli banchi ambulanti. Mogli di detenuti, madri sole, vedove: donne che trovavano nella grattachecca un mestiere stagionale e autonomo, una forma di emancipazione femminile che, all’epoca, era difficile conquistare. Un lavoro indipendente, lontano dalla dipendenza economica e dai ruoli imposti dal fascismo, ancora profondamente radicato nella società italiana.