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La modernità del surgelato, rispetto all’asterisco

22/03/2016

La modernità del surgelato, rispetto all’asterisco
L’asterisco sui menu è spesso considerato un marchio d’infamia, qualcosa di profondamente negativo. Lo è stato, per molti anni, da parte di un certo tipo di ristorazione che, comunque, probabilmente usava ugualmente i prodotti surgelati. Lo è ancora da parte di una fetta di consumatori che ora lo considera un propinare pietanze già pronte ad un costo elevato. E qui sta il primo elemento di disinformazione: il cuoco non utilizza mai i prodotti surgelati come piatti pronti, ma come materie prime funzionali alle sue ricettazioni.
In secondo luogo, se di classificazioni nel menu si deve parlare sarebbe corretto indicare le varie differenze nei metodi di conservazione: siamo proprio sicuri che un tortellino con asterisco sia peggio di uno mediocre in versione conservata (dal momento che non tutti i ristoranti preparano ogni giorno la pasta fresca)? Non dimentichiamo che il freddo, è storicamente provato, è il miglior sistema di conservazione che esiste.
Il tema dunque è di grande attualità, soprattutto in un momento in cui le cucine dei ristoranti sono sempre più orientate alla riduzione degli sprechi.
Pulire un carciofo, giusto per fare un esempio, presuppone uno scarto di oltre la metà del prodotto, con l’aggiunta dei costi relativi alle ore del personale e della Tarsu. Usare un cuore di carciofo surgelato vuol dire avere a disposizione un prodotto senza scarti, che non è l’elemento principale di una ricetta e quindi dell’identità del locale, funzionale ad ottimizzare i tempi in cucina verso ricettazioni più complesse.
Senza dimenticare un altro elemento di valore per il mondo agricolo; immaginiamo infatti quante produzioni andrebbero sprecate se non ci fosse l’industria del surgelato a farsene carico. Lo stesso dicasi per le produzioni agricole lontane che andrebbero ad aumentare considerevolmente l’impronta idrica se non venissero trattate immediatamente dalla raccolta in loco dalle aziende che hanno investito in tecnologia del surgelato.
La modernità del surgelato, rispetto all’asterisco
Meglio tenerlo o meglio eliminarlo?
“Meglio eliminarlo, per ciò che rappresenta, pur erroneamente, nell’immaginario del cliente di un ristorante. Se invece ce lo dobbiamo tenere, allora bisogna che diventi un valore di quel piatto e di quel menu” spiega Daniele Lambertini, direttore di Orogel Food Service, azienda leader del settore
Il gruppo Orogel sta avviando una campagna di sensibilizzazione attorno a questo argomento che punta a coinvolgere sia i pubblici esercizi sia i consumatori: “Daremo vita ad una serie di azioni per calamitare l’attenzione delle istituzioni e delle autorità, chiedendo la collaborazione dei ristoratori, per togliere questa indicazione discriminante, presente solamente in Italia e a Cipro (fonte Hotrec).”
Un’iniziativa importante che, a nostro parere, deve puntare anche ad informare sulla qualità dei prodotti surgelati. Un esempio di ricerca totale di qualità arriva da Surgital, azienda leader di pasta surgelata, che da tempo ha scelto la strada della collaborazione con gli chef, dando vita ad uno spazio – DeGusto – interno all’azienda, dove si accede al termine di un percorso interno alla produzione in cui si vede con i propri occhi le materie prime di eccellenza che vengono utilizzate nei ripieni, dal Parmigiano Reggiano 36 mesi alla patata vitelotte della Tuscia.
“Il problema – quello con la P maiuscola – è il vissuto dei surgelati in Italia. – puntualizza Romana Tamburini, presidente di Surgital - Sembra impossibile, ma ancora oggi, nel nostro Paese, sono tanti i pregiudizi nei confronti dei surgelati. Quello che vorremmo far capire è che se la materia prima di partenza è di elevata qualità, anche il surgelato lo è. Dobbiamo comunicare queste cose alla gente per stimolare una cambio di mentalità e non si tratta certo di un impegno piccolo! Ci battiamo in particolar modo perché si abolisca l'obbligo di indicare nei menù dei ristoranti che un piatto è preparato a partire da ingredienti surgelati, un'imposizione che non si ritrova all'estero. Questo rappresenta una vera e propria discriminazione nei confronti dei nostri prodotti. Vi sembra giusto che un ristoratore che usa dei porcini surgelati lo debba indicare e chi usa quelli sottolio no? Questo può valere per mille altri prodotti e trovo che non abbia nessuna ragione di essere, tanto più che la surgelazione, a differenza di altri metodi di conservazione, non prevede l'aggiunta di alcun tipo di conservante o aroma”.
Un tema che non intendiamo abbandonare, schierandoci dalla parte delle produzioni surgelate di qualità.

Luigi Franchi
luigifranchi@salaecucina.it
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