La sua storia (forse) più probabile
Probabilmente la storia della Pearà è molto più prosaica: sarebbe, come del resto molti grandi classici della gastronomia italiana, un piatto povero della cucina popolare e di recupero, preparato con scarti e avanzi. In questa versione dei fatti, però, resterebbe il punto interrogativo del pepe, all’epoca spezia molto costosa e quindi non in uso se non con estrema parsimonia nelle cucine popolari.
Una ricetta… “esplosiva”
Qualunque sia la genesi della Pearà, a essere certi sono i suoi ingredienti: pane raffermo, grattugiato e setacciato, midollo freschissimo di bue, brodo di manzo o gallina, abbondante pepe nero macinato e olio d’oliva. In quanto, poi, alla preparazione, l’ideale sarebbe utilizzare un tegame di terracotta, nel quale la salsa dovrebbe cuocere per un paio d’ore. E poi ci sono, ovviamente, le variazioni sul tema in base al gusto, con l’aggiunta, per esempio, di formaggio (assente nella ricetta originaria), Parmigiano o Monte Veronese, o le diverse proporzioni tra pane e brodo, in modo da renderla più o meno densa, più o meno morbida. In ogni caso, la Pearà è una ma le varianti diverse, anche a seconda della zona del veronese: persino per quanto riguarda i metodi di cottura. Secondo alcuni, per esempio, va dimenticata sul fuoco, mescolandola il meno possibile e senza grattare quella bella crosticina che si forma sul fondo. Un punto resta fermo. Essendo un tipico piatto invernale (nonostante un veronese doc potrebbe probabilmente gradirla pure in piena estate), la si serve rigorosamente ben calda, con bollito misto o anche da sola.