La Pitina delle Dolomiti friulane è un prodotto particolare, a metà tra un salume e una polpetta, con una lunghissima tradizione, nata sulle montagne della provincia di Pordenone dalla necessità di poter conservare a lungo la poca carne di cui gli abitanti delle valli alpine disponevano; si trattava di carni frutto della caccia, come camoscio, capriolo o selvaggina, da cui deriva il sapore intenso e selvatico. Le carni venivano insaporite con aromi locali, ricoperte di farina di mais, perchè all'epoca non vi erano budella per poter insaccare le carni, poi venivano affumicate e lasciate stagionare. La Pitina, che finora ha ottenuto il Presidio Slow Food, nelle prossime settimane otterrà il riconoscimento Igp , grazie a sei produttori artigiani che si sono mobilitati per avviare le pratiche. Proprio in prossimità di questo importante traguardo, nei giorni scorsi, a Bruxelles, dopo un convegno sulle politiche di valorizzazione di prodotti di qualità organizzato dall’ Arepo, l’Associazione delle Regioni europee per i prodotti d’origine, la Pitina è stata protagonista di una presentazione, accompagnata da degustazione, organizzata dall’ Ersa, agenzia per lo sviluppo rurale del Trentino. In quest' ottica di promozione della qualità, l’ Assessore regionale alle risorse agricole, Cristano Shaurli, si è espresso positivamente: “Veniamo da stagioni passate – dice l’assessore regionale –, nelle quali la produttività era l’obiettivo principale. Ora le cose si stanno rapidamente trasformando anche grazie alla maggiore attenzione del consumatore informato, il quale pretende la qualità dei prodotti che trova sugli scaffali”.