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La pizza è libertà, parola di Antonino Esposito

01/03/2014

La pizza è libertà, parola di Antonino Esposito
“Partecipare alle fiere rimane sempre un’esperienza positiva, ci permette il contatto con le persone, con i clienti, con gli amici, che altre formule ancora non hanno sostituito. Ma anche in questo sono cambiate le modalità: nelle manifestazioni fieristiche bisogna creare occasioni di informazione corretta sui prodotti e per farlo si devono utilizzare i professionisti migliori in ogni settore”.
Con queste parole Matteo Gialdini e Marco Picchi di GP Food, azienda di distribuzione leader nel canale pizzerie, hanno introdotto le dimostrazioni di Antonino Esposito, maestro pizzaiolo di Sorrento e noto volto televisivo, presso il loro spazio espositivo all’ultima edizione di Tirreno Ct a Fiere Carrara.
Antonino Esposito ha una biografia di tutto rispetto, che potete leggere qui, ma soprattutto ha le idee molto chiare in tema di pizza e non esita ad esplicitarle nei contesti in cui si trova ad operare, siano essi show cooking, trasmissioni televisive, libri o giurie internazionali, come la prossima a cui parteciperà: il campionato mondiale della pizza a Parma, dal 7 al 9 aprile. O come in questa conversazione con noi.
Cosa fa buona la pizza?
“Tre ingredienti tre: farina, acqua, mani. Oppure qualità, tradizione, innovazione. O ancora impasto perfetto, mozzarella fior di latte, pomodoro preparato il giorno prima (non la passata, mi raccomando)”.
Si fa un gran parlare di pizza gourmet o pizza contemporanea, che dir si voglia. Qual è il tuo pensiero al proposito?
“Che non stiamo parlando di pizza, ma di una base che cuoce su cui si appoggiano altri ingredienti. Questo fanno gli chef. Un maestro pizzaiolo invece non deve cucinare, ma essere bravissimo ad amalgamare sapori distinti e, soprattutto, pochi se vuole esaltare il suo lavoro di artigiano capace di trasformare acqua e farina in un’autentica delizia”.
Perché al ristorante non si discute mai un menù, mentre in pizzeria ognuno vuole farsi la pizza come gli pare, nonostante una sequenza molto ampia di proposte?
“Perché il pizzaiolo si è sentito, per anni, frustrato e non qualificato nel suo lavoro. Chi ha creduto nella propria capacità, chi è cresciuto culturalmente e in termini di ricerca non subisce questa condizione. Ma la risposta più vera è forse un’altra: la pizza è libertà”.
Cosa ne pensi delle leggende che sempre più spesso nascono intorno a lievito madre o pasta madre?
“Penso che la semplicità e la trasparenza restino la soluzione migliore per ogni cosa. Le mie pizze le faccio solo con farina doppio zero, ovviamente di ottima qualità, con acqua altrettanto buona (un litro per 1,7 kg di farina, con un grammo di lievito di birra per ogni litro d’acqua. E con le mani che non schiacciano l’impasto ma lo pizzicano, lo martellano, per consentirne la massima espressione e leggerezza”.
Perché l’immagine della pizza nel mondo è considerata americana?
“Perché noi dobbiamo unire l’Italia, non dividerla. Dobbiamo accorciare le distanze, non allungarle ergendo muri invisibili. Dobbiamo essere orgogliosi delle nostre tradizioni alimentari, non svenderle. E la pizza è nata in Italia, non in America, ma dobbiamo dirlo forte in un mondo sempre più globalizzato”.
La tua pizza preferita?
“La più difficile: la marinara. Richiede estrema attenzione ed equilibrio, al pari di uno spaghetto aglio e olio”.

Luigi Franchi

 

 
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