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La ristorazione nei nostri borghi

13/05/2022

La ristorazione nei nostri borghi

Quanto può essere importante un’attività di ristorazione per un piccolo borgo? 

In questi primi mesi dell’anno abbiamo già percorso un piacevolissimo itinerario lungo alcuni dei borghi d’Italia (puoi approfondire anche nell'articolo sui borghi del futuro).
Dal Trentino alla Liguria, dalla Toscana alla Basilicata: in più occasioni, parlandovi di ospitalità, abbiamo appreso che una sana attività di ristorazione ha un potere considerevole nei bilanci e nella notorietà di un borgo. In alcuni casi il ristorante è un vero traino per l’economia di quel luogo, dei suoi produttori e dei servizi connessi. Funge da collettore. In altri è l’ulteriore elemento di valore di una località già di per sé meravigliosa, che non può però essere priva di una buon indirizzo gastronomico.
 

Il borgo è un luogo d’incontro
Ogni volta che si esce da un borgo si porta a casa qualcosa di persistente: il ricordo puro di uno scorcio, di un volto, di un sapore. Spesso è proprio in queste località che si preservano i mestieri e si tramandano i saperi. Muovendosi al loro interno si possono incontrare norcini, pescatori, artigiani o imbattersi in straordinarie connessioni tra il cibo, il vino, le abitudini a tavola e i riti popolari, custodite grazie all’isolamento e alla tenacia dei loro abitanti. Queste conoscenze fortuite rendono davvero unico, speciale, l’itinerario.
Chitarra al ragù dChitarra al ragù d'agnello di Villa Maiella, un piatto intimamente legato al territorio

Altre volte l’incontro avviene al contrario: è la curiosità che avvolge un’insegna che spinge a mettersi in viaggio. Pensiamo a Villa Maiella della famiglia Tinari nel borgo di Guardiagrele, in Abruzzo, o a Pepe in grani di Caiazzo nell’Alto Casertano, lo straordinario progetto-pizzeria di Franco Pepe; traguardi gastronomici che generano un movimento sostanziale. In alcune circostanze la copiosa affluenza dei locali ha pure reso necessari interventi di ristrutturazione del borgo, dandogli vita nuova e generando belle opportunità per gli altri residenti, proprio come avvenuto nel piccolo borgo in provincia di Caserta, dove ogni anno accorrono in migliaia per assaggiare le pizze di Franco Pepe.

La sala Belvedere di Pepe in Grani da cui si può ammirare il panorama sullLa sala Belvedere di Pepe in Grani da cui si può ammirare il panorama sull'Alto Casertano

Di guide si parla sempre per altre ragioni, ma in realtà in questo contesto possono molto: possono indirizzare lo spostamento, allungare la permanenza in un territorio, dilatare l’esperienza proponendo consigli e visite ai produttori. Oggigiorno sono soprattutto le guide, gli strumenti digitali e il passaparola a stimolare movimento e a foraggiare la promozione turistica. E lo stesso ristoratore può trarre molto dai nuovi canali di comunicazione.

La Dispensa San Felice a San Felice del Benaco, sulla sponda bresciana del lago di Garda, ne è un validissimo esempio. Roberto Bontempi, appassionato di vini e gastronomia, l’ha inaugurata nel 1999 sulle orme della bistronomie francese. Modi informali, tavoli senza tovaglie, tantissime eccellenze in menu, poche elaborazioni in cucina e una polposa carta di vini naturali. Michele Bontempi, figlio di Roberto, ci è cresciuto dentro e la sta coltivando con grande passione sfruttando al meglio anche gli strumenti digitali. Negli ultimi tempi a La Dispensa hanno contato oltre 20.000 coperti l’anno; la maggior parte dei clienti non è in visita a San Felice, viene appositamente per sedersi a questi tavoli che si affacciano al municipio. Solo dopo essere giunti a destinazione molti clienti scoprono una cittadina sviluppata su tre borghi antichi, più mite e vivibile di tante altre località del Lago di Garda prese costantemente d’assalto dai turisti. 

La Dispensa nel Borgo di San Felice, sul Lago di GardaLa Dispensa nel Borgo di San Felice, sul Lago di Garda

“Per fortuna San Felice è rimasto un borgo poco conosciuto, in cui c’è ancora quiete” - ci racconta Michele. “Il nostro sogno, tuttavia, sarebbe quello di poter fare rete con altre realtà simili alla nostra: la concorrenza, come la si intendeva anni fa, non ha senso di esistere, tanto meno nei borghi. Le relazioni tra attività che abitano lo stesso territorio può solo che essere un ulteriore elemento di crescita”.
Ecco un’altra osservazione che mancava all’appello: il borgo dovrebbe essere uno spazio d’incontro non solo per chi arriva da fuori, ma anche tra chi lo dimora con la propria attività.


Per continuare ad approfondire la ristorazione nei borghi vai a quest'articolo 

a cura di

Giulia Zampieri

Giornalista, di origini padovane ma di radici mai definite, fa parte del team di sala&cucina sin dalle prime battute. Ama scrivere di territori e persone, oltre che di cucina e vini. Si dedica alle discipline digitali, al viaggio e collabora con alcune guide di settore.
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