Comincia da qui il dibattito conclusivo del primo giorno di
Identità Golose, condotto da Paolo Marchi che interroga sei tra i pizzaioli più famosi: tre della tradizionale scuola napoletana –
Enzo Coccia, Franco Pepe e Gino Sorbillo – e tre della contemporaneità della pizza –
Renato Bosco, Massimo Giovannini, Simone Padoan. Marchi inizia con una serie di immagini in cui si dimostra che a Londra si attribuisce la stella anche ai gastropub e che in Italia, nel 1962, venne attribuita una stella Michelin ad una pizzeria, tuttora in attività: quella della famiglia Negri a Pontecagnano. Poi si comincia e come sempre quando parlano i pizzaioli il dibattito si fa passionale; perché sta qui la vera anima e il tratto distintivo di questo prodotto, talmente amato e talmente intraducibile nel mondo che la pizza è entrata nel vocabolario universale.
“Se facciamo il conto di quanto dobbiamo investire per avere la stella Michelin rischiamo di perdere il contatto con il cliente” afferma, senza mezzi termini,
Enzo Coccia che sostiene una grande verità: “
Emozioni, è tutto quello che abbiamo e che siamo in grado di dare perché la qualità è dentro di noi, nella ricerca delle migliori materie prime”. Sta qui il vero grande cambiamento che comincia ad insinuarsi nella categoria dei pizzaioli: la volontà di fare ricerca.
“
Cambiare si può. – interviene
Gino Sorbillo – Fino a pochi anni fa sembrava non si potesse fare tanto, la pizza viveva di standard ma ora siamo in molti a fare ricerca sulle farine, sugli oli, sulle cotture. E tutto parte sempre da quel sentimento antico che abbiamo ereditato dai nostri predecessori: la contagiosa passione per questo mestiere. Poi se arriva la stella o meno…”
L’intervento di Franco Pepe è receduto da Paolo Marchi che racconta come la sua pizzeria a Caiazzo abbia cambiato l’economia del luogo spiegando che il valore degli immobili commerciali cambia nella via quando si supera la sua pizzeria e che qualcuno ha aperto un locale poco distante dal suo Pepe in grani per offrire generi di conforto ai clienti in coda.
“La forza della libertà, tema quest’anno di Identità Golose, mi si addice – esordisce
Franco Pepe – perché rappresenta il mio percorso.
La stella? Non so, ma so che siamo e stiamo cambiando un po’ tutti. Nel mio locale propongo il menu degustazione della pizza, ho la carta dei vini, delle birre, delle acque, uno spazio accoglienza e mi avvalgo di un agronomo, Vincenzo Coppola, per controllare la qualità delle materie prime che seleziono per le mie pizze perché oggi abbiamo la responsabilità di fare una pizza sana”.
La parte “napoletana” del dibattito si trova d’accordo su un concetto molto preciso: “se mai dovesse esserci l’inserimento nella guida Michelin,
gli ispettori che vengono a giudicarci lo facciano a partire dall’impasto”.