I sapori dell'infanzia, di casa nostra, del nostro territorio, della nostra storia
La città di Bologna sta sempre più diventando un polo d’attrazione per il turismo straniero anche grazie alla fama che gode la sua cucina, con pregi e difetti che questo comporta. In genere si è portati a pensare che cuochi e ristoratori siano dei portavoce della propria città, del proprio territorio, ma non bisogna dimenticare che sono anche dei commercianti. Così, coloro che sono molto attenti alla qualità del prodotto, che hanno investito la propria vita per arrivare a proporre dei piatti ottimamente preparati, potranno offrire al turista dei menu di valore. Non sarà così per tutti, perché per alcuni l’alta qualità non è una priorità. Ovviamente questo discrimina i clienti in “appassionati“ e in “mordi e fuggi”.
Da tempo la ristorazione bolognese affronta questa problematica anche con un confronto con le istituzioni cittadine. L’intento dell’amministrazione comunale sarebbe quello di porre un freno a un tipo di ristorazione meramente commerciale, poco attenta alla qualità e soprattutto ai prodotti del nostro territorio. Sono argomenti molto delicati perché bisogna tenere sempre conto che chi apre un’attività commerciale si assume in proprio un rischio di impresa. Risulta difficile imporre a certi locali del centro storico degli standard di qualità elevati con scelte obbligate per condividere le quali bisognerebbe attivare una complessa opera di informazione e promozione culturale.
Per quanto mi riguarda ho dedicato la mia vita in cucina ad offrire il massimo della qualità. Negli ultimi anni ho aggiunto anche l’aspetto etico del lavoro ma questo tipo di ragionamento è sempre su base volontaria. Qualunque cosa io faccia nei miei tre locali penso sempre a coniugare la qualità con il ricordo dei sapori dell’infanzia attraverso i prodotti dell’enogastronomia locale.
Per fare un esempio: quando vado a Milano, anch’io che sono un addetto ai lavori e spazio dalla cucina “tradizionale” alla cucina di ricerca, la prima cosa che mi viene in mente è dove si possa mangiare un buon risotto alla milanese e un ottimo ossobuco.
Quello che muove noi italiani quando visitiamo altre città, altre regioni, non è né più né meno che quello che uno straniero cerca dalle nostre cucine regionali: scoprire i sapori di un determinato territorio, di casa nostra, della nostra storia. Poi, se stai a Bologna una settimana non mangi tagliatelle tutti i giorni, magari ti viene voglia di scoprire come viene cucinato il pesce in città. Ma la tradizione fatta bene non può mancare. Oggi ha assunto grande importanza la conoscenza tecnica.
Quando chiedevo a mio nonno perché cuocesse le carni di maiale nella preparazione del ripieno dei tortellini lui mi rispondeva che quando era bambino in campagna c’era il rischio di prendersi la tenia a mangiare carne di maiale non cotta, oltretutto a quei tempi non avevano i frigoriferi. Ecco il perché di quella cottura che evitava ogni rischio anche se conservavi i tortellini per alcuni giorni. Oggi anch’io cuocio il maiale per il ripieno dei tortellini, non per rispettare quella tradizione ma perché ho notato che se nel ripieno metto il lombo di maiale crudo in cottura il ripieno si ritira un po’ e svuota il tortellino.
Molto si basa dunque sulla qualità della materia prima ma anche sulla conoscenza tecnologica acquisita, inclusa la comprensione della fisica del prodotto.
Il futuro della cucina bolognese si gioca molto sulla professionalizzazione dei ruoli. La concorrenza con le altre città è molto forte e tutte le culture gastronomiche regionali e locali si sforzano di essere attrattive. Qui possiamo contare su un’alta qualità di base ma Bologna non è unica e non può vivere su una posizione di rendita. Oggi il mercato va conquistato. Sul piano eno-gastronomico la Spagna esercita un’attrattiva turistica molto forte, e molte altre nazioni ci fanno concorrenza. Per queste ragioni dobbiamo mantenere alta la qualità della nostra offerta turistica anche sul piano alimentare.