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La vera cucina bolognese, secondo Mauro Bassini

30/01/2023

La vera cucina bolognese, secondo Mauro Bassini


Chi è Mauro Bassini
Giornalista bolognese, già capocronista, e caporedattore centrale e vicedirettore di QN. Mauro Bassini con Minerva ha pubblicato (Nosterchef  e Nosterchef 2018, guide ai ristoranti di Bologna e provincia), Diana, Bologna in un ristorante (2018); Il San Domenico, la mia vita (2019), in collaborazione con Valentino Marcattilii e Qui era tutta lasagna. Volti e storie di ristoranti nella Bologna di ieri e di oggi (2020). Ecco le sue riflessioni sulla cucina bolognese

 

Tradizione è anche conservazione

La cucina bolognese vive un periodo di stagnazione, di pigrizia, di ripetitività. In generale a Bologna manca la forza, la volontà di diffondere e valorizzare la propria tradizione. Anche se abbiamo degli esempi di buoni ristoratori, manca in città un grande ristorante stellato che proponga la tradizione in maniera alta come accadeva in passato con Il Pappagallo, al quale il New York Times dedicava degli articoli fin dagli anni Quaranta, un locale che si è fregiato della stella Michelin per lungo tempo e ha vissuto bellissime stagioni con grandissimi cuochi e una enorme notorietà internazionale.

Oggi è preoccupante che un ristorante come iI Pappagallo sia stato sfrattato e costretto a chiudere senza che il Comune abbia aperto bocca, dopo aver tuonato ai tempi dello sfratto del Diana che non si sarebbe mai più verificata una cosa del genere. È preoccupante anche perché il proprietario dell’intero edificio storico, dove il Pappagallo aveva sede da sempre, viene considerato un esponente di punta dell’imprenditoria illuminata bolognese. 

Tornando alla cucina bolognese oggi, non dico che occorra rispettare la ricetta del vero ragù bolognese o del ripieno del tortellino che una confraternita ha depositato alla Camera di Commercio degli anni Settanta. Non è così che si opera a difesa dell’identità e della solidità della tradizione bolognese. Credo che la tradizione abbia in sé una parte di conservazione che non può essere bistrattata, poi si può anche innovare però sono sempre creazioni altre. Va anche considerato il fatto che le materie prime oggi possono essere migliori rispetto a quelle di una volta, questo sicuramente rientra nell’ambito dell’innovazione assieme alle nuove tecniche di cottura.

Se prendiamo la pasta fresca, capita sempre più frequentemente di trovare prodotti scadenti non solo e non tanto nei ristoranti quanto soprattutto in certi negozi-laboratorio che vendono tagliatelle e paste ripiene. Si riscontra uno scadimento preoccupante in particolare sui tortellini perché ci sono dei templi della gastronomia bolognese nel cosiddetto quadrilatero che vendono tortellini quasi immangiabili a prezzi d’affezione. 

Alberto Bettini sullAlberto Bettini sull'uscio di Amerigo 1934

Se allarghiamo lo sguardo alla provincia il discorso è meno negativo perché ci sono delle realtà di ristorazione molto consolidate che fanno una tradizione ottima sviluppata in modo coerente. I nomi sono sempre i soliti: Amerigo 1934 a Savigno e il Antica Osteria al Mirasole a San Giovanni in Persiceto ad esempio, trattorie affermate a livello nazionale con una solida clientela internazionale. Peccato che la Trattoria del Cacciatore di Castiglion dei Pepoli sia arrivata alla chiusura, anche se la sua era più una cucina di confine. Poi, numero uno sopra i numeri uno è il San Domenico di Imola, un posto meraviglioso, uno dei migliori ristoranti italiani che continua ad avere una qualità altissima e un grandissimo impegno da parte della gestione. È sempre pieno, si mangia benissimo, anche sul versante della cucina tradizionale, e sono talmente intelligenti che si guardano bene dal toccar alcuni cavalli di battaglia del loro menu perfino degli anni Settanta e Ottanta, come l’Uovo in Raviolo inventato da Nino Bergese con Valentino Marcattilii, ma sono ottimi pure i loro tortellini che vengono offerti anche fritti come antipasto (all’inizio sembrava una follia ma oggi li copiano in tanti). 

Ci sono trattorie che fanno onestamente il proprio lavoro, specialmente in provincia. A Bologna vent’anni fa potevi andare a caso pescando in un elenco di quindici-venti nomi, oggi puoi affidarti a sette-otto indirizzi.

Valentino Mercattilii e lValentino Mercattilii e l'iconico piatto, l'Uovo in Raviolo

In tempi di ristorazione cosiddetta fieristica (fortunatamente superati) Fulvio Pierangelini diceva: “A Bologna si mangia benissimo, basta non andare al ristorante!”. 

Perché c’è una tradizione di cucina casalinga e familiare magnifica portata avanti anche da associazioni come le Cesarine, fenomeni nati dall’amore per la tradizione gastronomica. Ma il futuro della cucina non può basarsi su una rendita di posizione che deve essere in qualche modo rinvigorita, tutelata, valorizzata, altrimenti poi se ne perdono le trame.
 

 

Franco Cimini, Antica Osteria del Mirasole - foto tratta dal sito  osteriadelmirasole.itFranco Cimini, Antica Osteria del Mirasole - foto tratta dal sito osteriadelmirasole.it
Infine, bisogna prendere atto che la pandemia ha indotto a cambiare tante cose, i ristoratori hanno dovuto rifare un po’ i conti ritoccando i prezzi e soprattutto in tanti cercano di ridurre il personale non aiutati dal fatto che si trovino poche figure professionali di qualità con un minimo di curriculum. I giovani sono sempre meno disposti a lavorare in un ristorante, sia in cucina che in sala, perché sono mestieri duri che evidentemente non hanno un corrispettivo economico soddisfacente. Spesso quelli bravi preferiscono nuove esperienze all'estero. Di converso ci sono sempre giovani cuochi stranieri che vengono a Bologna per imparare la nostra cucina e a tirare la sfoglia. È un fenomeno che ha delle radici remote. Nelle cucine del San Domenico fin dagli degli anni Settanta ci fu un traffico di giapponesi che venivano qui a imparare a cucinare con il metodo che giapponesi hanno: lavoravano al ristorante poi facevano una settimana in Riviera andando fuori con i pescatori, poi magari a lavorare in un forno per imparare come si fa il pane e infine andavano da un macellaio per una settimana vedere come si fanno i tagli da noi. 
 
a cura di

Bruno Damini

Giornalista scrittore, amante della cucina praticata, predilige frequentare i ristoranti dalla parte delle cucine e agli inviti nei salotti preferisce quelli nelle cantine. Da quando ha fatto il baciamano a Jeanne Moreau ha ricordi sfocati di tutto il resto.

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