La crisi dell’acciuga
Oltre all’estinzione del mestiere è in atto una forte riduzione di disponibilità del prodotto che mette ancora più a rischio il futuro di questa eccellenza. L’abbondanza dell’acciuga nei mari italiani è un miraggio; si trova poco per vari fattori, il più importante è il cambiamento climatico.
“In molte zone del nostro Paese si è insinuata una forte siccità. L’acqua dolce che arriva al mare è sempre meno e ne consegue uno squilibrio nella salinità dei mari. In aggiunta - ci racconta Silvio Greco, biologo marino - la pesca intensiva sta facendo calare sensibilmente il numero di acciughe. Dobbiamo porci delle domande sulla salute dei nostri mari perché questo incide sulla nostra vita e le nostre culture”.
Michele, invece, ci parla più della sua Liguria, il cui mare è sempre meno abitato dal pesce azzurro.
“Penso che le forti alluvioni abbiano contribuito a questa riduzione, perché gli ingressi abbondanti di acqua fangosa mutano il sottosuolo marino in prossimità della costa”.
Michele, diceva prima, lavora per quanto possibile con il prodotto locale, oppure lo acquista da altre zone di pesca italiane. E qui ci rendiamo conto, ancora una volta, della grande varietà di cui dispone il nostro Paese.
“L’acciuga ligure è piccola e simile a quella siciliana perché cresce in acque saline, quindi è molto saporita. Le acciughe dell’Adriatico, invece, sono grasse, crescono in un mare con caratteristiche più stagnanti ed hanno caratteristiche sensibilmente diverse”.
Per Michele non c’è una gerarchia sulla bontà e qualità dei prodotti artigianali: possono essere di Menaica, di Cetara, le sue o quelle di un altro produttore. Ciò che conta è che si preservino i saperi e si recuperino i mestieri, senza aver manie di grandezza o di velocità produttiva. Nel piccolo, nella lentezza, il buono.
Giulia Zampieri
L'Anciua
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