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L’alga dei Mapuche

19/09/2024

L’alga dei Mapuche

Tra gli appassionati di classifiche è ben noto che tutto il Sudamerica sia da tempo uno dei luoghi che meglio riesce a raccontare il proprio territorio tramite il fine dining, una abilità frutto di un percorso iniziato da chef come Virgilio Martinez o Alex Atala, che sono stati in grado di farsi notare in un campo dove per decenni l’Europa ha dominato la narrazione di cosa fosse (o non fosse) la grande cucina.

Parte del fascino di questi nuovi luoghi del gusto sta nell’utilizzo di materie prime pressoché sconosciute al mondo occidentale, ma che in America Latina sono non solo note, ma spesso anche identitarie di una determinata popolazione indigena; uno di questi prodotti è il cochayuyo.

Il cochayuyo (o Kollof), nome colloquiale della Durvillaea antartica, è un'alga che cresce nelle acque fredde dell’oceano Pacifico, principalmente vicino alle coste rocciose del Cile, tra le regioni di Araucanìa e Lagos, dove nel corso degli anni è diventato un elemento fondamentale della cucina tradizionale e della cultura indigena Mapuche. 

L’alga è di per sé unica, e molto diversa da come siamo abituati ad immaginarci questo prodotto. Il suo aspetto è quello di un cilindro, con all’interno una polpa carnosa che al gusto richiama le note iodate tipiche dei prodotti del mare. 

Dalla raccolta alla commercializzazione, la filiera del cochayuyo è ancora nelle mani di poche famiglie indigene, per le quali è molto spesso l’unica fonte di reddito. A partire dal mese di ottobre il kollof viene raccolto sulle coste, pulito essiccato e arrotolato in piccoli fasci che poi bisognerà trasportare a piedi in tutta la regione, dove viene venduto porta a porta. Il viaggio per la vendita, un pellegrinaggio che avviene su dei carretti trainati da buoi, parte dalla costa e arriva nell’entroterra cileno, solitamente ha una durata di 15 giorni e viene effettuato per tre o quattro volte all’anno. Le persone del luogo apprezzano molto il prodotto per via del suo basso costo, e perché permette una grande versatilità in cucina. Prima di essere cucinato però è necessario reidratarlo in acqua per diverse ore, affinché recuperi la sua consistenza originari. 

Cochayuyo Cochayuyo

Nella cucina mapuche il cochayuyo ha un ruolo da protagonista: viene cotto al forno, bollito o utilizzato come addensante in salse e zuppe. È un ingrediente prezioso, in grado di arricchire sia piatti dolci che salati. Sebbene il suo consumo sia diminuito negli ultimi anni, rimane presente in numerosi piatti tipici, tra cui il famoso charquicán, uno stufato a base di carne secca e alghe. 

Oltre alla cucina, i mapuche utilizzano il kollof anche come mordicchiatore per i bambini in fase di dentizione, o come colorante scuro per tingere i tessuti. Più di recente è stato sviluppato un gel a base di quest’alga, utilizzato per facilitare la crescita delle piante negli aridi terreni andini.

Rodolfo GuzmanRodolfo Guzman
Il cochayuyo è molto più di un semplice ingrediente e, citando le parole di Rodolfo Guzman, chef del ristorante Boragò di Santiago del Cile, si tratta di “una sola specie di alghe che è in grado di rappresentare infinite possibilità di sapori deliziosi. Questo prodotto è senza dubbio il sogno più bello per uno Chef”.
a cura di

Federico Panetta

Varesotto di origine, è come una biglia nel flipper dell'enogastronomia. Dopo la formazione alberghiera lavora in cucina e si laurea in Scienze Gastronomiche presso l’Università di Parma. Oggi si occupa di comunicazione gastronomica collaborando con diverse riviste di settore.
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