Bottarga di muggine di Cabras, carciofo crudaiolo e arancia essiccata
Continua Lello “Sono nato qui, in Veneto, dove di certo pizza non equivale a tradizione. Non forzo e non sforzo, ma nessuno mi vieta di fare il mio impasto e attingere da luoghi diversi, che siano in Italia, Grecia o Spagna. Di unire, quando ha senso e dove ha senso, ingredienti che appartengono all’una o all’altra regione, all’una o all’altra terra. Faccio semplicemente i conti con la qualità, con il meritevole, con la stagionalità: qui al Nord abbiamo tante eccellenze prettamente invernali, come posso garantire al cliente una pizza buona, curiosa, gustosa, tutto l’anno? E come posso pretendere che alcuni prodotti, siano buoni anche dove non sono autoctoni? Semplice: me li faccio arrivare da fuori. Da dove sono buoni, perché propri di quel luogo, e dove terra e tempo ne affinano miracolosamente le caratteristiche”.
E questo prevede un lavoro tutt’altro che superficiale,
un lavoro di selezione e di confronto collettivo: “Io,
Pina Toscani, mia spalla fidata e irrinunciabile sul comparto dolce, e i nostri ragazzi, cerchiamo, proviamo, torniamo a cercare quando non siamo convinti. Per 4 anni ho sognato la bottarga giusta. Volevo una bottarga di muggine delicata, che non prevalesse sulla pizza e sul resto degli ingredienti. Che mi garantisse armonia, pur essendo ingrediente così diverso e poco usuale per una pizza”.
Difficile descrivere l’entusiasmo con cui ci consegna la buona novella: “L’ho trovata! È la bottarga di muggine di Pino, pescata e lavorata a mano a Cabras, in Sardegna. Siamo andati fin lì, l’abbiamo assaggiata e ce ne siamo letteralmente innamorati”. Nella pizza ora Lello la fa conversare con il carciofo crudaiolo e la buccia di arancia essiccata, un abbinamento pensato e voluto al grammo.
E come per la bottarga e la cipolla di Alife ha fatto così anche per il prosciutto di Mora Romagnola, i mugnoli selvatici, la mandorla di Noto, il jamón Joselito spagnolo. Il bello è che tutti questi ingredienti nelle sue pizze danno il là a
relazioni inaspettate, ma centratissime: stanno insieme, stanno bene insieme. Se dietro non ci fossero
tanto studio e tanta sensibilità potrebbero raccontare una storia un po’ stonata, o esser protagonisti di un po’ di retorica gastronomica, incentrata sulle affinità stagionali e/o locali (non la stiamo denigrando eh, è validissimo come percorso, ma conosciuto).
Qui, invece, trovano equilibrio e giusta dimora sullo stesso impasto, pur portandosi dietro storie diverse. Un impasto “Dico un’eresia sottovoce - tipo napoletano - che prepariamo con tre lieviti madre: un blend Grigoris che ci garantisce il cornicione gonfio, e il giusto compromesso tra sofficità e croccantezza” precisa Lello.