La Società Italiana di Nefrologia e l’Istituto Superiore di Sanità hanno reso disponibili i dati di prevalenza della Malattia Renale Cronica su scala nazionale: 7,5% negli uomini e 6,5% nelle donne, con oltre 4 milioni di persone nel nostro paese che soffrono di questa patologia e sono sottoposte a regimi dietetici restrittivi dove la dieta fa parte della terapia volta a ridurre il più possibile il danno alla funzione renale residua e l’accumulo di sostanze che i reni malati non riescono ad eliminare. Questo comporta un attento controllo di tutti i nutrienti introdotti, tra questi le proteine, il sale e minerali. La dieta del nefropatico si avvale spesso di “alimenti a fini medici speciali”, prodotti aproteici di elevato costo, reperibili solo in farmacia.
Sono numeri e disponibilità “di mercato” all’opposto rispetto all’attenzione riservata ai celiaci che, secondo i dati del Ministero della Salute, rappresentano circa l’1% della popolazione, meno di 250.000 persone ad oggi diagnosticate, intorno ai 600.000 i non diagnosticati. A loro viene riservata un’ampia gamma di prodotti specifici senza glutine nei corner dedicati dalla GDO, con locali e artigiani che propongono menu e preparazioni ad hoc. Mentre ai celiaci è interdetto il glutine, i nefropatici, oltre alle proteine devono evitare o limitare gli apporti di sodio, potassio e fosforo. Quest’ultimo è particolarmente presente nel formaggio, specie se a lunga stagionatura, e contribuisce a innalzare il livello di fosfati che i reni non riescono ad eliminare, andando così ad “intossicare” l’organismo. Dunque, pur essendo alimento importante nella dieta mediterranea, il formaggio è escluso dall’alimentazione dei soggetti affetti da patologie renali. Fino ad oggi però, perché grazie all’intuizione del prof. Gianluigi Ardissino, “Nefrologo per bambini che lavora al Policlinico di Milano”, lo stesso Policlinico ha promosso la ricerca che ha portato alla produzione dei primi formaggi FriP (Free Phosphate).