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Le nuove sfide della comunicazione e distribuzione del vino

19/11/2024

Le nuove sfide della comunicazione e distribuzione del vino

Stiamo tornando alla concretezza e al puro piacere di assaporare un calice di vino? Forse. Sembra che si stia abbandonando quella narrazione fatta di tecnicismi astratti e voli pindarici in bilico tra parole e sensazioni, esercizio linguistico per intellettuali più che per fruitori. Quelle espressioni, insomma, che lasciano il consumatore allibito e imbarazzato, perché non in grado di capire ma determinato a non farlo vedere per non apparire ignorante. Insomma, quel pizzico di snobismo che spesso avvolge il mondo del vino e dei suoi estimatori. 
 

Se ne è parlato recentemente nel corso di un incontro organizzato da Anna Prandoni, direttore de l’Inkiesta Gastronomika: una “tavola spigolosa” che ha messo in evidenza come, tanto al ristorante quanto in enoteca, i consumatori stiano sviluppando una nuova consapevolezza, che non può che far bene al settore favorendo il consumo, ma consapevole e per scelta. 

A questo proposito Andrea Terraneo, presidente di Vinarius, l’Associazione Enoteche Italiane, ha riconosciuto che negli ultimi anni il linguaggio del vino è cambiato: “Il linguaggio è cambiato perché è cambiato anche il vino e intercettare le nuove tendenze significa comprendere il mercato e le differenze tra un territorio e un altro seguendone l’evoluzione. I consumatori, specialmente i giovani, hanno un approccio meno sofisticato e più istintivo, sono però ben informati e questo non va sottovalutato nel comunicare loro pregi e specificità. Più concretezza e meno astrattismo”. 
 

Le emozioni hanno il sopravvento sull’analisi sensoriale in senso tecnico, ed è il piacere della degustazione a prevalere sull’interesse puramente divulgativo, ha riconosciuto Cecilia Longo, Marketing&Export Longo 1961: “Siamo nell’era dei social e lo storytelling, sempre efficace, muta aspetto per diventare un racconto di sensazioni e sentimenti, un coinvolgimento intimo e appagante”. 

Insomma, il vino è un’eccellenza di tradizione millenaria, è vero, ma ancora in molti si sentono intimiditi di fronte a quel linguaggio altisonante che lo descrive in “sentori di bacca acerba raccolta al tramonto” o che impone un pairing ingessato in “bianco col pesce” e “rosso con la carne”. I neofiti vogliono sperimentare e meglio è guidarli verso l’esperienza e la gradevolezza piuttosto che obbligarli verso un approccio reverenziale ma raramente compreso e vissuto con piacere. Solo per vendere? Alla fine la strategia non paga. 
 

È d’accordo con questo approccio Tommaso Arrigoni, chef milanese, patron del ristorante Innocenti Evasioni che, nella sua nuova sede in zona Bovisa, ha scelto un approccio giovane nell’eleganza e moderno nella proposta concreta e accattivante, un’accoglienza raffinata e confortevole, coerente col concetto di sostenibilità, di rassicurazione, che il cliente contemporaneo cerca e apprezza. “Il cliente del mio locale, oggi – racconta chef Arrigoni – beve meno ma beve meglio. Il suo stile di vita è culturalmente elevato ed egli è attento alla salute e al corretto comportamento, alla sostenibilità anche nell’approccio al cibo e alle bevande. Non ordina più la bottiglia ma si limita a una small size o un calice, per esempio, ma lo vuole di alto livello, e vuole esserne convinto. Per questo il sommelier deve saper consigliare rispettando la personalità del cliente, deve saper appagare la sua curiosità e interpretarne la personalità, anche fuori dagli schemi convenzionali”. La somministrazione diventa, in questo modo, espressione di intuito guidato dalla competenza, e non solo proposta secondo la disponibilità. La sensibilità del sommelier è il punto cruciale, virtù immancabile dando per scontato la sua preparazione tecnica, e deve saper alimentare la curiosità dei giovani anche attraverso un grande lavoro di ricerca tra i terroir e le produzioni meno “famose” perché non è l’etichetta che il cliente cerca ma la qualità, la novità, il piacere. 
 

È un lavoro di adeguamento al pubblico che coinvolge tutti, perché ignorare o sottovalutare i cambiamenti sociali sarebbe distruttivo, come ha fatto notare la giornalista Eugenia Torelli.  Dunque, focus sul terroir, sulle tecniche di vinificazione, su quegli approfondimenti tecnici che non possono mancare in un mercato così delicato come quello del vino, ma attenzione anche all’audience perché il riscontro pratico è fondamentale e oggi il consumatore, se non è convinto, con compra. Molto semplice. Non basta più l’enfasi, non serve la chiacchiera (pur colta) occorre la “comunicazione” nel vero senso della parola, l’utilizzo di un linguaggio calibrato sulla capacità di accoglienza da parte di chi ne è oggetto, senza cliché ma anche senza banalità, evitando di creare un gap tra domanda e offerta. Il nuovo consumatore giovane e appassionato apprezzerà, e il lavoro, importantissimo, dei vignaioli verrà valorizzato. Perché la vendemmia si fa una sola volta l’anno, non va sprecata. 

 

a cura di

Marina Caccialanza

Milanese, un passato come traduttrice, un presente come giornalista esperta di food&beverage e autrice di libri di gastronomia.
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