“In Italia si fa fatica a fare impresa, la semplificazione burocratica richiederà anni, ma questa non può essere una giustificazione per nessuno” rilancia
Sebastiano Barisoni, giornalista di Radio 24 e moderatore del dibattito nell’ambito dell’evento Le Stelle si incontrano organizzato a Barolo da
Terre da Vino, mentre chiede ad
Heinz Beck qual è il suo approccio al modello d’impresa ristorativo.
“Quando ci si espande diventa fondamentale farlo con managerialità - risponde lo chef stellato della Pergola di Roma - attraverso un’approfondita analisi per capire dove e come posizionarsi. Bisogna essere consapevoli che il cliente internazionale non ti paragona solo ai colleghi italiani, ma ti misura con il mondo. I problemi, in Italia, sono i costi di burocrazia, quelli fiscali e contributivi, molto troppo alti rispetto ad altri Paesi. Mentre l’aspetto positivo del fare ristorazione in Italia è la contaminazione di gusti, sapori, tradizioni. Un elemento che non esiste in nessun’altra cucina occidentale dove tutto è codificato”.
Ma se i problemi sono questi, perché allora non provare ad intraprendere azioni collettive, fare economie di scala, sviluppare una filiera interna ed esterna dove, ad esempio, i ristoratori possono fare acquisti collettivi? Sono pochissimi, ad esempio, i ristoranti stellati italiani che aprono anche all’estero. Si comincia adesso a farlo, spiega Barisoni, come si comincia ora in Italia ad aprire il bistrot accanto al ristorante; iniziativa che i ristoratori francesi hanno messo in campo almeno quindici anni fa.
C’è un ritardo, lo si vede anche nell’hotellerie, dove le catene “non hanno trovato la possibilità di diffondersi come in altri paesi” afferma
Gianrico Esposito, direttore generale dell’Hotel Sheraton Malpensa del gruppo Starwood.
Se è vero che la standardizzazione non è tra le corde degli italiani, altrettanto vero è che ci sono catene, come la Starwood, che propongono un sistema di franchising; in pratica l’hotel si può affiliare, rispettando e utilizzando degli standard di gestione e il valore internazionale del marchio, salvaguardando comunque la propria identità.
“Nella stessa ristorazione che pratichiamo negli hotel del gruppo preserviamo e valorizziamo gli aspetti tipici del territorio” spiega Esposito.
Quale ricetta dunque? Partendo dal fatto che, passata la crisi, nulla sarà più come prima?
Ci prova
Enzo Vizzari, coordinatore della guida dell’Espresso, a fornire una soluzione: “È vero, la ristorazione è in carenza di imprenditorialità. Lo avverto anche da un dato statistico, molto empirico ma significativo: solo negli ultimi 18 mesi il numero di chiusure o ridimensionamenti, che abbiamo rilevato con la nostra guida, è più grande rispetto ai 10 anni precedenti. Oggi chi ha capito come posizionarsi soffre meno degli altri. Mentre chi si ostina a dire ‘io so fare questo e tu me lo compri’ è destinato al declino. Che fare? Essere sé stessi, commisurare gli impegni e le idee in funzione delle proprie risorse, darsi da fare per superare un ritardo culturale cercando sbocchi diversificati, oltre naturalmente ad acquisire una visione di internazionalizzazione”.
“Non è più tempo di mezze misure”, è caustica
Clara Barra, responsabile delle guide del Gambero Rosso: “Bisogna puntare ad un livello alto (e altissimo nel caso della ristorazione d’autore) di qualità, personalità e legame con il territorio. Ma attenzione, la qualità si fa anche con le cose semplici, non funzionano più le ibridazioni. E, soprattutto, serve una nuova comunicazione, sfruttando i mezzi ormai alla portata di tutti. Cambiate quei siti, a volte, molte volte, penosi e indistinti, giusto per cominciare”.
Ma le guide, in questo mondo che cambia, che ruolo avranno?
Luigi Franchi
( 31 maggio 2012 - fine 2° parte - la prima a questo link
http://www.ristorazionecatering.it/novita-alimentari/stelle-incontrano-barolo/ )
Foto: Ezio Zigliani