Un’analisi approfondita è stata dedicata alla carne, partendo dal costo economico delle quantità in entrata e del peso/costo dello scarto, sono arrivate a razionalizzarne l’uso, sostituendola in alcuni casi con delle verdure preparate i modi particolari, come nel caso di un antipasto composto da cinque vegetali che sono così attraenti e appetibili da far dimenticare che in quel piatto non c’è un grammo di carne.
In base ai loro calcoli, al termine del primo anno di lancio del progetto, l’utilizzo di carne si è ridotto del 30%, il secondo del 20, il terzo del 10 e quest’anno del cinque, sempre rispetto all’anno precedente, arrivando a una riduzione di circa il 50% rispetto a quattro anni fa. La carne di manzo ha segnato la riduzione più consistente, avendo più scarto rispetto alla polleria, un costo più elevato e un impatto ambientale molto più alto. Con la polleria gli scarti sono ridotti in partenza. In questi ultimi anni hanno cambiato fornitore acquistando l’animale intero e utilizzando anche le interiora per preparare un ragù di cortile di anatra, faraona e pollo, diventato irrinunciabile.
Tutto questo senza scadere nella moda del green washing che vorrebbe imporre l’utilizzo del quinto quarto in tutte le preparazioni, perché non è questo il senso della cucina sostenibile.
Sono arrivate ad approfondire lo studio delle verdure adottando preparazioni diverse, più rispettose dei loro colori e consistenze. Hanno acquistato strumenti nuovi per l’affumicatura, la cottura a vapore, diversificato le pastelle. I prodotti orticoli offrono grandi stimoli in cucina, sono più coerenti con la stagionalità e permettono di sostenere tanti piccoli agricoltori del territorio che lavorano la terra in maniera sostenibile e non con la monocoltura delle vigne.
Queste scelte etiche, adeguatamente comunicate e condivise coi clienti, comportano già un profitto virtuale in termini di ritorno di attenzione, condivisione e fidelizzazione nei confronti della trattoria.
Il risparmio economico, che si tramuta in guadagno, è stato molto evidente e facile da calcolare all’inizio poi, via via che si affinava il processo, si è proporzionalmente ridotto, com’è nella logica delle cose. È anche evidente che tutte le azioni legate a questo processo comportano impiego di tempo da parte del personale, ma l’obiettivo si è dimostrato più importante di questi dettagli.
Nel contempo, Elisa ha cominciato a dialogare con strutture istituzionali, quali il Comune e le scuole alberghiere, ponendo l’attenzione su ciò che può cambiare la mentalità corrente. Ora hanno cominciato a condividere questa loro esperienza con i colleghi delle Premiate Trattorie Italiane, di cui l’Enoteca della Valpolicella fa parte, mettendo a loro disposizione le tabelle che la stessa Elisa ha elaborato traducendole dall’inglese. Ovviamente si rende comunque indispensabile l’intermediazione dell’azienda Light Blue con la quale stanno provando ad affrontare una forma di certificazione attraverso percorsi di formazione di gruppo, considerando i forti tratti comuni condivisi dalle 22 trattorie che costituiscono l’associazione.
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