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L’evoluzione del regime alimentare nei 150 anni di Repubblica italiana

03/04/2012

L’evoluzione del regime alimentare nei 150 anni di Repubblica italiana
Nei 150 anni di Repubblica italiana “abbiamo assistito ad un calo dei consumi degli alimenti che rappresentavano derrate alimentari come il risone, segale e orzo, granturco, legumi secchi, frutta secca, il vino e le carni ovine e caprine, per orientarsi verso una dieta che ha visto fortemente aumentare gli ortaggi a partire dal decennio 1961-70 quando si riscopre la dieta mediterranea”. A delineare l’evoluzione del regime alimentare degli italiani è Aida Turrini, ricercatrice Inran (Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione), in occasione dell’incontro ‘L’orto e la tavola, storia e cultura nell’alimentazione italiana promosso da Inea (Istituto nazionale di economia agraria) alla Città del gusto. Le carni, ha precisato, aumentano in media tra il 20% e il 50% per decennio, insieme a frutta fresca e pomodori. E a parte la birra che ha uno sviluppo fortissimo soprattutto dagli anni ’70, gli altri alimenti animali (pesce, latte e formaggi e carne suina) e beni più voluttuari come caffè e zucchero dagli anni ’50 in poi registrano un aumento che supera il tasso medio decennale del 50% e oltre. Nel dimenticatoio sono invece finiti il caffè di cicoria e l’alcool anidro. “Nell’arco di 150 anni – ha detto Turrini – risulta evidente una diminuzione dell’importanza dei carboidrati, a favore dell’aumento del contributo percentuale dei grassi e delle proteine, e una perdita di importanza della componente vegetale a favore della componente animale delle fonti di energia”. Tuttavia, è stato sottolineato nell’incontro Inea, nella storia italiana del 20/o secolo, l’orto è sempre stato presente e sotto facce molteplici. La usa presenza nei ricettari, da Pellegrino Artusi ad oggi, ha assicurato, come sottolineato da Alberto Capatti dell’università di Pavia, dapprima l’istruzione, con i volumi di Ingegnoli del 1895 su ‘come si cucinano i legumi’, poi la sopravvivenza (orti di guerra), poi anche uno strumento di lotta al carovita, e oggi uno strumento di valenza etica ed ambientale, la rete di orti che trova espressione anche nelle utopie dell’orto da balcone o nel Km zero. “Una concezione di orto ‘vitale’ – ha ricordato Capatti – che nasce col fascismo che, nel 1928, finanziò l’Associazione naturista d’Italia considerando l’ambiente una risorsa primaria per la salute e gli orti, che venivano affittati anche nelle periferie delle città, un bacino d’aria pulita”. Conoscere la storia della nostra tradizione alimentare, ha concluso Francesca Giaré dell’Inea, serve a cancellare falsi miti come quello ‘un tempo si mangiava meglio’. Oggi si conserva meglio il cibo, si mangia tutti (ogni ceto sociale), e la dieta é più salutare, in linea con le esigenze di vita più sedentaria. Ma è spesso la tradizione e la cultura a rendere tipico e a dare identità nostrana ad una pietanza, ancor più della mera provenienza del cibo.
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