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L’immagine di cuochi e maître passa dal vestito

11/04/2016

L’immagine di cuochi e maître passa dal vestito
La vestibilità per un professionista della ristorazione, cuoco o maître che sia, è un fattore importantissimo, una seconda pelle con cui convivere molte ore e molti giorni della propria vita.
Ben lo sapeva Paul Bocuse quando, nel 1976, incontrò Gilles Bragard (il figlio del fondatore Henri Bragard della nota casa di abiti per la ristorazione) e da quella conversazione, in cui Bocuse chiedeva una giacca a livello della sua cucina, nacque Grand Chef, la più ambita, ancor oggi a distanza di quarant’anni, delle giacche da cuoco.
Il quarantesimo anniversario della Grand Chef ci induce ad una approfondita conversazione con Claude Rameaux, dal 2004 amministratore delegato di Bragard Italia, professionista conosciuto in tutti gli ambiti dove si parla di ristorazione.
L’immagine di cuochi e maître passa dal vestito
Come nasce il mito Bragard?
“Proprio di mito si deve parlare, dal momento che indossare Bragard è il desiderio della gran parte dei cuochi. Bragard nasce in Francia nel 1933, nel retrobottega di un negozio di alimentari dove il figlio dei proprietari, Henri Bragard, realizzò il suo primo abito da lavoro per un pittore. Da allora di strada ne è stata percorsa ed oggi Bragard è il marchio di riferimento per le più ampie fasce di professionisti della ristorazione”.
Come si sceglie una giacca da cuoco?
“Tessuto, vestibilità ed estetica. Non c’è un aspetto che prevarica l’altro. Il cuoco deve sentirla sua, deve sentirne la facilità dei movimenti, deve poter respirare attraverso l’indumento e deve piacersi, a maggior ragione oggi che la sua presenza in sala è una costante”.
Per molti Bragard è un sogno irraggiungibile?
“Pur essendo un marchio riconosciuto Bragard è prima di tutto al servizio della ristorazione. Non a caso vantiamo oltre 280 modelli di giacche differenti, per tutte le tasche, a partire da 30 a 180 euro, con taglie per ogni corporatura”.
Come funziona la vostra rete commerciale?
“Parlando con il professionista, cercando di interpretare il suo bisogno. La prima cosa che chiediamo è dove lavora, qual è il suo ruolo, in quali ambienti della cucina si muove prioritariamente. Su quella base lo accompagniamo nella scelta. Il rapporto per noi deve essere diretto – B2C - e i nostri rivenditori sono strutturati per dare questo tipo di risposta. Vogliamo controllare qualità di prodotto e politica commerciale per non far perdere il messaggio che sta alla base del nostro impegno”.
La domanda è ovvia, perché il colore predominante è il bianco?
“Non è poi così ovvia. Ẻ vero, il colore più diffuso è il bianco e a maggior ragione in questo periodo dove il cuoco non è chiuso nelle segrete stanze della sua cucina e quindi l’aspetto della pulizia diventa fattore essenziale. E poi è un elemento culturale; l’introduzione di un abbigliamento dallo stile cromatico rigido imposto a tutti, bianco in cucina e bianco-nero in sala, fu il frutto della nuova funzione dell’abito professionale dell’Ottocento. Una regola ispirata da imperativi d’igiene e di cerimoniale. Il bianco, dalla giacca del cuoco alla tovaglia, alle stoviglie designava la pulizia impeccabile che doveva saltare all’occhio”.
L’immagine di cuochi e maître passa dal vestito
A quale livello di professionalità compare il nome sulla giacca?
“Non esiste una regola. Oggi anche i ragazzi alle prime armi ambiscono ad avere il proprio nome come segno di distintività. Diciamo che le regole e i tempi li decide lo chef (inteso nella corretta accezione di capo)”.
Anche la sala ha i suoi riti o si sono persi?
“Assolutamente no. Le regole valgono per tutti gli operatori della ristorazione. Nonostante oggi la sala sia quella meno valorizzata noi siamo convinti di una prossima inversione di tendenza, al punto che stiamo disegnando una nuova linea interamente dedicata al personale di sala”.
C’è innovazione nel vostro settore?
“Continuamente. Sia sotto l’aspetto degli standard sui tessuti che cambiano da paese a paese e a cui prestiamo molta attenzione, sia sotto l’aspetto della tecnologia creativa e costrittiva di una giacca. Qui entrano in gioco i cuochi e i  maître, con i quali abbiamo un confronto continuativo in termini di idee”.
L’immagine di cuochi e maître passa dal vestito
Da pochi mesi Bragard ha aperto il primo negozio a gestione diretta in Italia a Milano, in Via Fabio Filzi,5. La scelta è stata dettata da un’esigenza importante di mercato. Era un'esigenza di mercato importante perché in Italia il 60% degli acquisti avviene ancora attraverso i negozi. In Francia Bragard ha già tre negozi, due a Parigi e uno a Lione: sulla base della positiva esperienza francese hanno deciso di cimentarsi anche da noi. Gli spazi richiamano  uno shop di prêt-à-porter interamente dedicato ai professionisti della ristorazione, con una grande ricerca estetica anche nella disposizione degli articoli.

Luigi Franchi
luigifranchi@salaecucina.it
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