Ci sono le materie prime, da ricercare e scegliere con cura. Ci sono le tecniche, da conoscere, sperimentare, affinare. C’è la tecnologia, sempre più avanzata e performante, pronta a fornire un sostegno che si rivela ormai fondamentale. E ci sono i sistemi gestionali, da non sottovalutare mai, perché mai va dimenticato che, in fondo, un ristorante resta un’impresa, piccola o grande che sia. Ma, prima di tutto questo e a orchestrare tutto questo, ci sono loro, le persone: dal titolare all’head chef, dal sous chef alla brigata, dal maître al cameriere. Troppo spesso, forse, ci si dimentica che dietro a ogni piatto e al successo di un locale c’è un gruppo di persone che concorrono (dovrebbero concorrere) a un unico risultato finale.
“Se raffiguriamo il ristorante come un macrocosmo diviso in due grandi spazi, sala e cucina, possiamo pensare al personale come a tanti piccoli microcosmi che si interfacciano e interagiscono tra di loro”, afferma Antonio Labriola, uno psicologo con la testa in cucina, come egli stesso ama definirsi, che ha coniugato gli studi in psicologia con la passione per i fornelli e oggi è consulente e formatore, nonché docente per la Città del Gusto di Torino del Gambero Rosso. “Nell’ultimo decennio la ristorazione ha conosciuto una grande evoluzione, ma un aspetto resta immutato: – sostiene – c’è sempre un individuo che compie le azioni e che, quindi, va formato, facendo sì che possa sviluppare al meglio le sue potenzialità, lavorando in un contesto il più possibile sereno”. Considerato che questo è tutt’alto che scontato, per riportare l’accento sull’individuo e sull’importanza di un ambiente che agevoli un efficace lavoro di squadra, insieme alla compagna Sonia Rotondo, anch’essa psicologa, Labriola ha dato vita al progetto “Mind en place”. Il nome è un simpatico gioco di parole che richiama la mise en place, vale a dire la predisposizione di tutti gli ingredienti e utensili indispensabili per portare a termine senza intoppi la preparazione di un piatto e il suo servizio. Con una capriola dal francese all’inglese, però, mise è stata sostituita con mind, “mente”, in una programmatica esortazione a tenere sempre la “testa sul posto”. “Si tratta di una consulenza volta a migliorare il benessere dei gruppi di lavoro all’interno di un ristorante – spiega lo chef-psicologo – e a ridurre lo stress, favorendo la comunicazione tra sala e cucina, due unità tra le quali spesso si sviluppano situazioni conflittuali”.