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Luigi Ferraro, un cuoco italiano in India

01/03/2017

Luigi Ferraro, un cuoco italiano in India
Un curriculum sterminato quello che Luigi Ferraro può vantare nel suo palmares di cuoco e cittadino del mondo. Questa è, infatti, la sua definizione preferita da quando, partito da Cassano allo Ionio, in provincia di Cosenza, ha viaggiato tra Sharm el Sheik,  Stoccarda,  Bangkok, Londra, Parigi,George Town, San Pietroburgo, New York, dove il lavoro lo portava.
Stanziale dal gennaio 2016, quando è diventato lo chef italiano del raffinato Sorrento Ristorante, sito all’interno del lussuoso Shangri-La Eros Hotel di New Delhi,
Luigi Ferraro, un cuoco italiano in India
Ristorante Sorrento

Luigi Ferraro non ha comunque mai dimenticato la sua terra calabrese, anzi ne è stato più volte il testimone fino a realizzare un libro con il fotografo Riccardo Marcialis: Calabria, in tutti i sensi – Un viaggio con Luigi Ferraro, un’opera editoriale incentrata sui prodotti della terra d’origine tra i quali quel bergamotto di cui è stato insignito Ambasciatore dall’omonima Accademia.
Abbiamo chiacchierato a lungo con Luigi Ferraro sulla cucina italiana, come è vissuta, come viene interpretata, come si trovano le materie prime e si formano le persone.
Luigi Ferraro, un cuoco italiano in India
Luigi Ferraro

Perché hai deciso di andare all’estero? A che età sei partito?
“Dopo il conseguimento del diploma, presso l’istituto alberghiero, sono subito partito. Ero impaziente di voler andare e conoscere altri mondi, altre cucine. La prima meta è stata l’Egitto, per niente comune come prima esperienza all’estero, destinazione sconosciuta e totalmente diversa dalla realtà in cui avevo sempre vissuto, ma proprio questa diversità mi richiamò tantissimo”.
Cosa bisogna mettere in conto prima di partire?
“Bisogna essere entusiasti e allo stesso tempo “avere paura” dell’ignoto, perché la “paura di ciò che non si conosce” ci mantiene sempre vivi e ci spinge a dare il meglio per far conoscere il proprio valore!”
Luigi Ferraro, un cuoco italiano in India
Polpo e cipolla rossa di Tropea IGP

C’è un turn-over molto elevato di spostamenti o è un fattore legato alle scelte individuali?
“Per quanto mi riguarda è una scelta di vita, perché amo viaggiare, scoprire e conoscere posti differenti e realtà culinarie diverse dalla mia. Tutto questo è parte di me e di conseguenza della mia cucina, che ritengo una giusta fusione di tradizione e innovazione, ma soprattutto un’elegante combinazione di sapori, sapori delle terre straniere in cui ho vissuto e lavorato”.
Come è vissuta la cucina italiana in India?
“La cucina italiana è molto apprezzata per fortuna, come del resto un po’ in tutto il mondo visto che è anche tra le più imitate, poiché è poi difficile trovare la vera cucina italiana e il vero Made in Italy. Io qui al Sorrento Ristorante però mi trovo abbastanza bene e riesco tranquillamente a proporre una cucina autentica, anche se a volte spesso persiste la volontà da parte di qualche cliente di volerla fare propria, richiedendo pertanto modifiche di gusto indiano”.
Luigi Ferraro, un cuoco italiano in India
Lo gnocco della Sila IGP, nduja e pecorino crotonese DOP

Quali sono i prodotti più conosciuti e di più facile reperibilità?
“Fortunatamente qui in India riesco a reperire quasi tutto ciò che mi serve e i prodotti sono di ottima qualità, questo anche e soprattutto grazie agli alti standard che la compagnia Shangri-La si prefissa di mantenere sempre e ovunque, ragion per cui io lavoro con ottime materie prime o di prima scelta”.
E quali sono le materie prime a cui sei più legato?
“Tutti i singoli prodotti che occorrono per la preparazione dei miei piatti sono importanti, rilevante è che siano di ottima qualità e cosa da non sottovalutare l'eventuale stagionalità. Ma se devo sceglierne uno, quello a cui sono più legato è la pasta, che tra l’altro viene fatta fresca e a mano quasi tutti i giorni. Per buona sorte sono riuscito a trovare qui a Delhi un’ottima farina che mi dà modo di conseguenza di far gustare ai clienti del Sorrento una pasta di gusto e di qualità, quasi come se la stessere gustando in Italia”.
Diventa obbligatorio, in mancanza di reperibilità, creare contaminazioni culinarie? E tu cosa ne pensi?
“Obbligatorio no, poiché si può scegliere di non scendere a compromessi e dunque cambiare o proporre un’alternativa che sia creata con prodotti autentici. A volte però si è costretti a cedere, se si riescono a reperire ottimi prodotti originari del luogo. Questo mi successe nel periodo dell’embargo quando ero a Mosca, ma la qualità di ciò che era prodotta sul territorio era davvero buona”.
Luigi Ferraro, un cuoco italiano in India
Tartufo di Pizzo Calabro

Come formi la tua brigata? Da quante persone è composta e quanti italiani?
“La mia brigata è formata da soli ragazzi e ragazze indiane. Ogni giorno cerco di insegnare loro soprattutto il rispetto per l’ingrediente. Cerco di educarli alla cucina italiana, poiché la loro è troppo differente, loro coprono molto i sapori usando le loro spezie, a volte troppe e troppo, mentre la bontà della cucina italiana sta proprio nell’esaltare il singolo gusto di ciò che si degusterà. Tra l’altro, oggi, grazie a nuove tecniche di cottura e preparazione diventa ancora più semplice onorare i sapori dei prodotti”.
Come vedi il tuo futuro professionale?
“Interessante! Mi piacerebbe un giorno ritornare in Italia, ma per ora il futuro li è troppo “nero”. Mi trovo bene nella Shangri-La Hotel e Rersort, che è una compagnia alberghiera di lusso a livello internazionale, tra le più forti al momento, e io ho voglia di restarci e crescere, ma soprattutto mi piace che sia molto forte in Oriente come compagnia, poiché io voglio ancora tanto scoprire questa parte del lobo che mi affascina più di altre”.

Luigi Franchi

 
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