Poi una data, il 2008, che funge da spartiacque e segna l’inizio di un secondo tempo nella vita della famiglia Gandola, a cui Luigi reagisce decidendo di abbandonare immediatamente le competizioni nel momento clou della sua carriera (nel tempo la definirà come “la miglior scelta che potessi fare”). A ciò fa seguire un primo gesto di forte significato: l’acquisto di un camion frigo per il catering. Come a volersi dare un’inequivocabile e tangibile indicazione di direzione.
Mino ha sempre coltivato un orto (creando una società agricola) in funzione del ristorante, senza mai riuscire ad arrivare oltre ad agosto con l’approvvigionamento. La preoccupazione di Luigi è stata quella di come riuscire a lavorare sempre più terra senza dover perdere ulteriore tempo, introducendo mezzi meccanici. Il suo passaggio è stato quindi di arrivare a coltivare tutti e quattro gli ettari per intero (rispetto ai due iniziali) di proprietà, in funzione del ristorante e del catering. Come il padre anche lui è per il procurarsi e meglio ancora prodursi, nel possibile, le materie prime in una filiera corta. Come lui, terminato l’impegno in cucina, Luigi si infila la tuta blu e, aiutato da collaboratori, mette le mani nella terra. Sceglie personalmente le sementi preferibilmente autoctone e sa dove richiederle di anno in anno.
Ha dovuto imparare nozioni di agraria a cui si attiene rigorosamente. E così da quell’orto ricava pomodori, zucchini, cinque varietà di patate, coste, erbette spinaci, zucche, topinambur, zenzero, curcuma, insalate di vario genere, rapanelli, capperi, cardi, piselli, scalogni, cipolle. Quel terreno gli regala anche fichi, ciliegie, nocciole, noci, ribes lamponi, mirtilli more, sambuco, castagne e tartufi.
E poi c’è il pesce del lago (lavarello, agone, luccioperca…) che cerca di valorizzare in tutti i modi.