Artista, anarchico, viticoltore e amico personale di Carlin Petrini, Gianni Gallo attraverso la sua arte ha saputo raccontare le Langhe in modo nuovo, come nessuno aveva fatto prima.
Le Langhe sono senza dubbio una delle zone più note del nostro paese a livello culinario, e se sono così note è anche perché qualcuno, nel corso degli anni, si è preso la briga di raccontarle, creando un immaginario collettivo accattivante fatto di colline basse, di tartufi, barolo, carne di manzo e nocciole.
Una delle persone che meglio ha saputo svolgere questo compito è stata Gianni Gallo, non attraverso la parola, ma tramite le sue illustrazioni, fatte di linee pulite e molto riconoscibili, che raffigurano elementi bucolici dell’ambiente naturale circostante, al tempo minacciato dall’industrializzazione degli anni ’70. Fiori, erbe selvatiche, uccelli, insetti, frutti, alberi… tutta la natura della langa è stata protagonista nei suoi lavori.
Ma chi era Gianni Gallo?
Gallo nasce a Dogliani il 26 gennaio 1935 nella cascina Ribote, in una famiglia di proprietari terrieri che lavorano la terra e le vigne da generazioni. Questo lo ha sempre spinto ad avere un interesse particolare per il mondo naturale, parte della sua formazione. Dopo il liceo classico a Torino si iscrive al politecnico ma, terminato il servizio militare nel 1964 tornerà definitivamente a Dogliani nella casa di famiglia. Lavora nelle vigne insieme al padre e al fratello Carlo e la sua vita è quella di un perfetto contadino della campagna piemontese, se non fosse per il suo interesse legato alla produzione artistica. Nel 1967 conosce i pittori Claudio Bonichi ed Eso Peluzzi, con i quali fa le sue prime esperienze nel campi dell’incisione e della grafica. In questi anni “il Galèt”, come era conosciuto dagli amici, realizza le prime etichette per prodotti alimentari di aziende locali come le cantine Mascarello e Abbona.
Sulla scia del successo delle prime collaborazioni, si dedicherà poi a progetti più lunghi, sempre legati al mondo del design di etichette: le più famose per il viticoltore Paolo Marolo, l’azienda Agrimontana, Ca’ della Pasina e per l’Oleificio Polla.
Anarchico per scelta di vita, la particolarità delle sue collaborazioni era che non accettava mai pagamenti in denaro, ma solo baratti, tenendosi così libero di scegliere per chi disegnare e lasciandosi convincere dalla qualità dei prodotti e da produttori che lavorassero in modo serio.
“Parlare di Gianni Gallo significa parlare di Langa, di vino, di poesia, di storia e di amicizia” disse Carlo Petrini, ricordandolo sul quotidiano Repubblica il giorno della sua scomparsa, nel 2011.
Grande fabulatore, la sua cucina era diventata negli anni un punto di ritrovo per molti intellettuali piemontesi, che davanti ad un piatto di tajarin e una bottiglia di vino discutevano di arte e letteratura. Gallo è stato protagonista di una langa che ormai non esiste più e per cui molti provano nostalgia, ma il cui ricordo resiste ancora tra le pagine dei libri di Pavese e Fenoglio, oltre che sugli scaffali in legno degli alimentari di paese, diventati vere e proprie mostre del talento di Gianni Gallo, detto “il Galèt”.