L’Italia è leader per numero di prodotti Dop, Igt e Stg, con 227 riconoscimenti e un fatturato al consumo che, secondo le stime di Coldiretti, nel 2010 ha superato i 9 miliardi di euro, dei quali circa 1,5 miliardi relativi all’esportazione. Il limite allo sviluppo dei fatturati nella maggior parte dei prodotti a denominazione di origine è sempre stato, ed è ancora in gran parte, dovuto alla loro quantità marginale come conseguenza di tessuti produttivi ridotti, oppure anche quando le denominazioni potenzialmente potrebbero esprimere volumi consistenti, alle piccole quantità di prodotto che le aziende riescono a certificare annualmente.
Nel caso delle produzioni ad elevato volume di offerta come i formaggi e le carni, la priorità per le imprese delle filiere certificate è quella di trovare nuovi sbocchi sui mercati esteri.
La classifica delle denominazioni. Nel 2010 infatti le migliori performance in termini di fatturato sono state ottenute dal Parmigiano Reggiano, dal Grana Padano, con un aumento record del 26% sui mercati mondiali (in Cina sono aumentati del 162%) e dal prosciutto di Parma che ha ottenuto nel 2010 il miglior risultato di sempre con un rilevante effetto traino per l’intero settore.
Se in termini di fatturato a prevalere sono i formaggi e i salumi, per quanto riguarda il numero delle denominazioni la classifica è dominata dagli ortofrutticoli, seguiti da formaggi, salumi, oli di oliva e prodotti di panetteria.
Quanto vale il falso Made in Italy. Un ostacolo alla diffusione delle denominazioni italiane all’estero è rappresentato dal falso Made in Italy, che si stima valga 60 miliardi di euro e riguarda i prodotti tipici e più rappresentativi dell’agroalimentare italiano.
Il rischio reale – precisa la Coldiretti – è che si radichi nelle tavole internazionali un falso Made in Italy che toglie spazio di mercato a quello autentico e banalizza le specialità nostrane frutto di tecniche, tradizioni e territori unici e inimitabili, con i danni economici e di immagine che ne derivano.
Tra i formaggi, i più imitati sono il Parmesan che è in assoluto il più diffuso in tutto il mondo, dagli Usa all'Australia, il Romano, l'Asiago e il Gorgonzola.
Tra i salumi, la Soppressata calabrese, la Mortadella San Daniele e il prosciutto San Daniele, il Salame Toscano.
Tra i vini, Chianti californiano e il Prisecco, un vino rosso analcolico diffuso in Germania che imita il noto Prosecco.
I Paesi più “pirati” sono Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti dove – come denuncia la Coldiretti - appena il 2% dei consumi di formaggio di tipo italiano provengono dal nostro paese, mentre tutto il resto è frutto di imitazioni e falsificazioni ottenute sul territorio americano con latte statunitense in Wisconsin, New York o California.
Per non parlare dei Paesi emergenti come la Cina, dove i falsi prodotti spacciati per alimenti tipici italiani in alcuni casi sono arrivati ancor prima di quelli originali e di conseguenza rischiano di compromettere la diffusione del Made in Italy.