A quel tempo, molti in Cina meridionale non sapevano cosa fosse un mango, si racconta che gli operai increduli rimasero svegli tutta la notte ad ammirarli, annusarli e accarezzarli, chiedendosi se fossero dei frutti magici. Alcuni di questi frutti vennero messi sotto formaldeide per essere conservati, altri, per lo stesso motivo, vennero rivestiti con della cera e posti sotto teche di cristallo. In generale tutti trattarono i frutti come delle vere e proprie reliquie. Quando uno dei manghi originali iniziava a marcire, veniva sbucciato e fatto bollire per ricavarne un brodo considerato sacro, di cui ogni operaio doveva ricevere un sorso. Erano semplici frutti, ma agli occhi degli operai incarnavano la figura stessa del leader comunista. Col tempo si diffuse anche del merchandising legato al culto del frutto, ogni oggetto doveva ritrarre un mango, dalle lenzuola alle tende, passando per il vasellame da cucina.
Chi esprimeva i propri dubbi relativi a questa strana ossessione veniva severamente punito, come accadde ad un dentista del villaggio di Fulin che, per nulla impressionato, paragonò i frutti a delle patate dolci: fu definito un blasfemo, arrestato come controrivoluzionario, processato e dopo mesi di torture e vessazioni giustiziato pubblicamente.