Figlia dei colori e dei suoni forti di Porta Capuana, storico quartiere partenopeo di passaggi e scambi, fin dalla tenera età si è impregnata dei buoni odori della cucina di nonna, e di quella del padre, anche lui cuoco. Ha studiato letteratura spagnola, quindi accompagnato gente per le pittoresche vie della sua città, e deciso di cogliere la prima (prestigiosa) padella al balzo: nel 2008 fiancheggia Lino Scarallo a Palazzo Petrucci, interiorizzando, giorno dopo giorno, input culinari semplici ma dall’alto profilo. E da lì inizia a coltivare, non troppo timidamente e con estrema cura, la volontà di raccontare una storia tutta sua. Sfidando le barriere periferiche, le previsioni pessimistiche dei più, e una concorrenza che non c’è, perché l’approdo avviene in uno di quei luoghi in cui, si potrebbe dire, anime culinarie ‘non tradizionali’ come la sua non sono nemmeno contemplate. Le porte di Sud Ristorante si aprono dunque e comunque, tra quei palazzoni trascurati e i cigli di strada dismessi di Quarto di Marano, nella Napoli dei Campi Flegrei… Negli spazi a vista che ospitano i suoi fornelli Marianna fa crescere una cucina napoletana che è (e non che non è). Che bandisce ristrutturazioni e rielaborazioni puntando piuttosto, e per fortuna, sull’integrità dei sapori. Tutti netti e riconoscibili nella loro meridionalità, e altrettanto freschi e colorati nel loro abito contemporaneo. C’è tanto di mare e tanto di vegetale a Sud. C’è tanta precisione, nelle misure, nelle scelte degli equilibri. Ne è l’esempio uno dei suoi calibratissimi ‘spaghetto’, in cui si fondono assetti pensati e intonati: una pasta dal corpo nervino, come solo le ottime prassi di cottura comandano, avvolta e conquistata dal riccio di mare, e saggiamente rinfrescata da una doppia acidità di mozzarella e limone. Da provare sia per piacere che per dovere gastronomico”. Sono parole di Giulia Zampieri, giornalista di sala&cucina, scritte nel 2016, che rendevano già allora l’idea di cosa sarebbe diventata questa giovane donna nel volgere di pochi anni.
Oggi Marianna Vitale è stata proclamata dalla guida Michelin Chef donna 2020 by Veuve Clicquot per “la tenacia con cui ha costruito un progetto di ristorazione di qualità al di fuori dei circuiti turistici della sua regione. Per aver saputo leggere il territorio ma anche inventare. Per il suo spirito di avventura, rigore e leadership”.
Leggendo queste motivazioni il pensiero va proprio alla vedova Clicquot che, nell’800, da donna creò una delle più famose case vinicole del mondo, inventando anche la pupitre, quell’oggetto ormai fondamentale dello champagne.
Con questo riconoscimento Marianna Vitale entra a far parte dell’Atelier des Grandes Dames, una rete di 19 chef al femminile che Veuve Clicquot coinvolge in iniziative di mentorship per far crescere i professionisti della ristorazione in tutto il mondo.
E lei ha attivato, in queste settimane, l’avvio di una scuola di cucina per le persone in difficoltà che vogliono ripensare la propria vita in libertà.Brava!!
Luigi Franchi, Giulia Zampieri