Qual è il vostro mercato di riferimento? E su quali vini puntate?
“A me piace vendere il vino in Italia, perché qui riesco a sapere a chi arriva e anche ad entrarci in contatto. All’estero, affidandolo agli importatori, questo non succede. In questo momento il 65% delle bottiglie è destinato all’estero e il 35% resta in Italia e va alla ristorazione, grazie a una rete di agenti con cui c’è un rapporto professionale e personale profondo. Conoscono tutto di noi, conoscono la famiglia, li porto in giro per la campagna. Devono raccontare quello che vivono qua, cercando di trasferirne la trasparenza e coerenza della nostra azienda familiare. A questo ci teniamo davvero tanto. Io sono sempre stata una grande sostenitrice del Valpolicella in tutte le sue forme, perché penso che l’Amarone debba essere un vino di nicchia, un vino scelto, un vino non da tutti i giorni. Il Valpolicella invece è un vino buono per tutti i giorni e per tutti. Il nostro impegno è fare grandi Valpolicella così come ci riesce l’Amarone, che ne produciamo poco ma quel poco dev’essere buono. Il mio vino del cuore è il Mithas, Valpolicella DOC Superiore, il primo desiderio realizzato di fare un grande Valpolicella legato alla mia terra, quando da noi i grandi vini erano tutti IGT. Il vino simbolo della filosofia dell’azienda è il Ca’ Fiui, un Valpolicella DOC, nato pionieristicamente 22 anni fa. Ho avuto il coraggio, a quell’epoca, di fare un cru, di dargli un nome e quindi di rendere nobile il Valpolicella. La stessa filosofia dei vini del podere di Corte Sant’Alda, fra cui i sopracitati Mithas e Ca’Fiui, è condivisa per quelli del podere di Adalia, ossia che ogni vino è un cru. Pure il Laute, Vapolicella DOC, del podere Adalia è un vino molto interessante”