Al momento dell’acquisto, lo stoccafisso presenta il corpo rigido, privo di testa, forma schiacciata e spessore sottile. Prima di essere utilizzato deve essere accuratamente reidratato con un lungo ammollo finché non triplica di volume. A questo punto la polpa è morbida ed elastica e dopo un’accurata pulizia che consiste nell’eliminazione di tutte le parti coriacee come le pinne, la lisca centrale e le spine si può procedere alla cottura. In Veneto, dove il consumo di stoccafisso è molto diffuso nella cucina popolare, il merluzzo essiccato si chiama “baccalà”, il che crea qualche confusione. In effetti, il famoso “baccalà alla vicentina” è un piatto a base di stoccafisso.
Ma veniamo al baccalà. È merluzzo conservato sotto sale. Il termine deriva dallo spagnolo bacalao, derivato a sua volta dal fiammingo baccheliauw. Prima dell’utilizzo deve esser sottoposto a un lungo ammollo allo scopo di reidratarlo e dissalarlo. Anche per il baccalà, prima della cottura si deve eseguire una pulizia accurata. Generalmente si preferisce lasciare la pelle perché dà sapore e densità ai sughi. Infatti, la preparazione più comune è quella in umido che ammorbidisce e arricchisce i tessuti del pesce ma le ricette sono molte e diverse, dalla semplice lessatura alla cottura arrosto, dalla frittura alla cottura in olio a fuoco bassissimo.
Gli esemplari migliori di baccalà sono quelli di taglia media e colore bianco, mai giallastro. Per procedere all’ammollo bisogna immergere il baccalà in una bacinella di acqua fresca, spazzolare via il sale, sciacquarlo e tenerlo a bagno per almeno 48 ore cambiando l’acqua più volte, soprattutto nelle prime ore.
Un piatto tipico della cucina basca è il bacalao al pil pil, cotto in una salsa a base di olio e aglio sbattuta fino a diventare una specie di crema molto vellutata. In Portogallo è molto popolare il baccalà cotto con patate e cipolle. Da noi, si cucina col pomodoro e i peperoni in Campania, fritto in Lombardia, con un intingolo ricco di pomodoro, olive e uvetta nel Lazio, ma le versioni sono infinite. Pellegrino Artusi ne esalta il valore e lo consiglia nella versione “baccalà alla fiorentina”: tagliato a pezzi larghi, infarinato, rosolato con olio e aglio e cotto con pomodoro.